Il curriculum e la lettera di accompagnamento

Nel curriculum vitae si espongono in modo schematico le esperienze del nostro passato scolastico e lavorativo.

Lo possiamo immaginare dunque come una sorta di riassunto selettivo della nostra vita, da stilare con precisione e oggettività. Nel curriculum vitae limitiamoci ad elencare tutte le informazioni che ci sembrano pertinenti per tracciare il nostro profilo professionale; evitiamo invece i commenti e le precisazioni, che semmai potranno trovar posto nella lettera di accompagnamento: se, per esempio, risulta dal confronto delle date che abbiamo impiegato qualche anno di troppo a laurearci, non è il caso di giustificare tale ritardo nel curriculum con ragioni personali e soggettive.

 

E importante ricordare che il curriculum va formulato in terza persona: non diremo dunque «Io sono nata a», bensì «Mario Rossi è nato a». Questo espediente formale non solo accentua il carattere di oggettività e ufficialità del curriculum, ma è anche funzionale all’utilizzazione effettiva di questo tipo di testo, che può essere letto in pubblico, confrontato con altri, sottoposto a una selezione, valutato, messo a verbale ecc., sempre in assenza della persona che lo ha scritto: quindi un eventuale «io» verrebbe pronun ciato da un altro individuo e produrrebbe solo confusione.

Un’altra cosa da ricordare è che tutte le informazioni inserite nel curriculum devono essere controllabili, perciò è bene non lavorare di fantasia e non esagerare; piuttosto, è consentito essere reticenti su alcune cose che ci sembrano poco onorevoli (per esempio, se il nostro esame di matu rità non è stato dei più brillanti, possiamo limitarci a dire che abbiamo conseguito il diploma senza specificare la votazione).

È sempre bene conservare e aggiornare progressivamente il proprio curriculum, per averlo a disposizione in qualsiasi momento: questo ci risparmierà anche la fatica psicologica di ricapitolare ogni volta la nostra storia scolastica e professionale con i suoi inevitabili bilanci

Come abbiamo detto il curriculum è una sorta di carta d’identità professionale con cui ci si propone al mercato del lavoro. Bisogna dunque scriverlo focalizzando gli aspetti fondamentali della nostra esperienza, tenendo anche conto che il tempo di lettura che gli sarà dedicato sarà molto breve (spesso i curricula da esaminare sono centinaia ed è un indubbio merito quello di proporli in forma corretta e «snella»).

Anche per razionalizzare le operazioni di valutazione dei curricula, oggi sono sempre più diffusi i moduli di curriculum prestampati, a volte da compilare e inviare direttamente tramite computer. Bisogna tuttavia fare attenzione al fatto che se da un lato questo ne facilita la stesura, tuttavia non esime da una formulazione attenta, accurata e precisa della nostra «storia», che dovrà — soprattutto nella compilazione di certi settori — essere non solo chiara ma anche non appiattita sui grigi standard proposti. In altre `parole, dovremo riuscire a mettere in luce alcune qualità o attitudini originali che possano fermare l’attenzione di chi scorre il nostro modulo.

Il Curriculum Vitae Europeo è un modello comune di riferimento che ha l’obiettivo di favorire la mobilità, consentendo ai cittadini europei di proporsi sul mercato del lavoro dell’Unione.

Questo modello fornisce ad aziende, istituti di istruzione e di formazione, non solo le qualifiche o i titoli professionali posseduti dai singoli cittadini, ma anche le loro specifiche conoscenze, abilità e competenze (competenze linguistiche, esperienze lavorative, qualifiche e titoli di istruzione e formazione, abilità e competenze acquisite anche al di fuori dei percorsi ufficiali di formazione) che andranno auto-certificate. Dal punto di vista del cittadino che fa do manda l’indubbio vantaggio è quello di proporsi su un mercato di lavoro più vasto e più vario di quello nazionale.

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Ecco le voci che questo modello di curriculum indica:

  • Informazioni personali: cognome, nome, indirizzo, telefono, fax, e-mail, nazionalità, data di nascita.
  • Esperienza lavorativa: date (da-a, iniziando dalle informazioni più recenti ed elencando separatamente cia scun impiego pertinente ricoperto), nome e indirizzo del datore di lavoro, tipo di azienda o settore, tipo di impiego, principali mansioni e responsabilità.
  • Istruzione e formazione: date (da-a, iniziando con le informazioni più recenti ed elencando separatamente cia scun corso pertinente frequentato con successo), nome e tipo di istituto di istruzione o formazione, principali mate rie/abilità professionali oggetto dello studio, qualifica con seguita, livello nella classificazione nazionale (se pertinen te).
  • Capacità e competenze personali (acquisite nel cor so della carriera ma non necessariamente riconosciute da certificati e diplomi ufficiali): madrelingua, altre lingue: capacità di lettura (eccellente — buono — elementare), ca pacità di scrittura (eccellente — buono — elementare), ca pacità di espressione orale (eccellente — buono — elementa re).
  • Capacità e competenze relazionali (vivere e lavorare con altre persone, in ambiente multiculturale, occupando posti in cui la comunicazione è importante e in situazio ni in cui è essenziale lavorare in squadra: ad es. cultura e sport, ecc.): descrivere le proprie competenze e indicare dove sono state acquisite.
  • Capacità e competenze organizzative (ad es. coordi namento e amministrazione di persone, progetti, bilanci; sul posto di lavoro, in attività di volontariato, a casa ecc.): descrivere le proprie competenze e indicare dove sono sta te acquisite).
  • Capacità e competenze tecniche (con computer, at trezzature specifiche, macchinari ecc.): descrivere le com petenze e indicare dove sono state acquisite.
  • Capacità artistiche (musiche, scrittura, disegno ecc.): descrivere le competenze e indicare dove sono state acqui site.
  • Altre capacità o competenze (non precedentemente indicate): descrivere le competenze e indicare dove sono state acquisite.
  • Patente o patenti.
  • Ulteriori informazioni: inserire qui ogni altra infor mazione pertinente, ad esempio persone di riferimento, re ferenze ecc.
  • Allegati.

Se per alcune voci del curriculum europeo, le risposte sono quasi automatiche (ferme restando le avvertenze già sottolineate di dare solo le informazioni pertinenti senza inutili orpelli su esperien ze non significative per il tipo di lavoro che si cerca), per altre sarà bene fare attenzione a come proporsi. In partico lare bisognerà far valere quelle esperienze che ci sembrano più adeguate a rappresentare le nostre abilità e competenze. Se abbiamo insegnato in una scuola elementare e siamo riusciti a organizzare con altri colleghi una bella mostra di disegni sul tema della varietà degli alberi nel territorio, questa esperienza andrà valorizzata sia per le capa cità organizzative, sia per quelle relazionali (nonché per le competenze botaniche). Potrà poi riprendere alcuni di questi elementi alla voce Capacità e competenze relazionali, sottolineando le proprie attitudini a stabilire rapporti anche fuori dallo specifico ambito di lavoro e nelle Capacità e competenze personali dove metterà in risalto la propria appassionata conoscenza della botanica.

Lo stesso potrà avvenire se abbiamo avuto l’occasione di organizzare dei viaggi per piccole comitive, o se abbiamo creato nuovi canali di comunicazione con qualche ente o associazione, se abbiamo fatto volontariato o lavoro politico con incarichi di qualche tipo eccetera. La compilazione di curricula così concepiti deve essere sempre diligente, attenta a rispondere a tutte le richieste. Questo non impedisce tuttavia di esprimere la propria ci fra personale e l’originalità della propria esperienza di for mazione, di studio e di lavoro.

 

La lettera di accompagnamento.

Sempre più spesso i moduli per domande di vario genere sono prestampati e basterà compilare diligentemente (in alcuni casi direttamente al computer per un invio telematico facilitato) le varie voci contempla te: questo succede, ad esempio, per presentare le richieste di accedere alle biblioteche citta dine o ai rari impianti sportivi universitari, o per le stesse iscrizioni ecc.).

È una prassi che ha indubbi vantaggi, primo fra tutti quello di semplificare il lavoro sia del mittente sia del destinatario. Ma ci sono numerosi casi, quando si cerca lavoro ad esempio, in cui un giovane deve praticamente «inventarsi» la domanda, e l’accuratezza con la quale questa sarà stilata può diventare un biglietto da visita importante.
Nei casi della ricerca di lavoro, la domanda solitamente accompagna, sotto forma di lettera, il curriculum. Se si ha una grafia chiara e ordinata si può compilarla a mano; si formula comunque in prima persona.

Nella prima parte della domanda andranno riassunte alcune nostre caratteristiche che ci sembrano pertinenti al lavoro che vorremmo ottenere. È importante far funzionare il messaggio, ricorrendo ai pochi «materiali» presenti nel nostro curriculum vitae, e valorizzandoli senza enfasi, sem pre perniciose, e senza lungaggini.

Se partecipiamo a un concorso pubblico, avremo sempre un fac-simile di domanda da copiare e non sarà necessario l’accompagnamento di una lettera. Ma attenzione, è buona norma leggere attentamente tutte le par ti del bando di concorso, per non farci sfuggire qualche dettaglio in grado di invalidare la domanda (quante volte abbiamo sudato freddo scoprendo all’ultimo istante che l’elenco dei documenti da allegare andava stilato in duplice copia?). Le domande più semplici possono nascondere tranelli interpretativi, e le parole della «Gazzetta Ufficiale» vanno decodificate con molta pazienza. Un buon consiglio è quello di non aver fretta e di non farsi prendere dallo scoramento, di mantenersi lucidi e calmi e, avendone l’opportunità, una volta compilata la domanda controllar la insieme a un’amica o un amico (meglio ancora se nella medesima nostra situazione). Anche le formulazioni apparentemente più astruse hanno una loro logica e il nostro compito, in questi casi, è di scoprirla, armati di pazienza, attenzione e un briciolo di ironia.

Oggi si utilizza raramente la lettera per comunicare: le poche volte che vi ricorre può compilare messaggi maldestri e impacciati. Ed è un peccato, perché una lettera può spesso, meglio di qualsiasi telefonata, aiutare a risolvere molti problemi; anche la persona più impegnata, quella con cui dobbiamo assolutamente parlare ma che non riusciamo a raggiungere perché non ha un minuto di tempo, non re sterà indifferente davanti a una lettera «giusta».

 

Il colloquio

Prima considerazione: il colloquio di selezione altro non è che una conversazione tra due o più persone condotta con metodo; lo scopo è quello di permettere alle due parti in gioco di conoscersi reciproca mente.

Il colloquio è il momento in cui si incontrano due esigenze: quella del selezionatore, che cerca la persona a suo parere più adatta al profilo che ha definito, e quella del candidato, che cer ca un lavoro il più possibile corrispondente alle proprie aspira zioni e capacità.

Seconda considerazione: ogni colloquio è un’esperienza comunque valida, anche qualora non dovesse andare a buon fine, perché per mette di prendere contatto con l’ambiente lavorativo che ci interessa e perché costituisce un allenamento fondamentale per riuscire meglio nei successivi colloqui. Se, invece, eviteremo di chieder ci perché un colloquio è andato male o, pur facendolo, non metteremo mai in discussione il nostro modo di porci, al colloquio successivo sarà facile assumere un atteggiamento negativo (per esempio, polemico e scontroso), disfattista (pessimista sulla possibilità di trovare lavoro) o, peggio ancora, da “questuante” (che “mendica” il posto di lavoro). Se questo si verificasse, ci porremmo, prima ancora di sostenere il colloquio, in una situazione di debolezza e di subordinazione nei confronti dell’in tervistatore e il nostro pessimismo troverà effettivamente conferma.

È frequente il caso in cui le aziende privilegino, tra due candidati, quello che, anche se dotato di conoscenze tecniche inferiori, abbia caratteristi che che meglio si adattano al ruolo offerto. Le conoscenze tecnico-spe cialistiche, infatti, possono essere migliorate dall’azienda stessa a costi limitati, con periodi di formazione professionale “sul campo” (on the job), mentre atteggiamenti come l’entusiasmo, la determinazione e il realismo sono caratteristiche di personalità rare, preziose e la cui assenza non può essere colmata da corsi aziendali.

Per la stessa ragione, non dobbiamo stupirci se durante il colloquio ci vengono poste domande non direttamente riferite al lavoro per il quale ci siamo proposti o se sembra che il selezionatore non tenga in considerazione la nostra preparazione tecnica. Nessuna domanda, infatti, viene posta per caso, neppure la più banale (se si escludono i casi in cui il selezionatore non sa fare il suo mestiere).

Per l’intervistatore i fini del colloquio sono, in linea di massima, tre:

  • approfondire le informazioni contenute nel CV e nella lettera di presentazione sul profilo professionale del candidato;
  • valutare le caratteristiche personali, le aspirazioni professionali, le attitudini e le potenzialità del candidato in rapporto agli obiet tivi, allo stile e al sistema di valori dell’azienda
  • fornire al candidato informazioni sull’azienda e sulla posizione di lavoro offerta.

Tali fini possono essere raggiunti attraverso diverse tipologie di colloquio. I più diffusi sono i seguenti.

  1. Strutturato
    Si parla di intervista strutturata quando il selezionatore pone domande secondo uno schema predeterminato. I sostenitori di questa soluzione affermano che ricorrere a una serie standard di domande equivale, da un lato, a mettere tutti gli aspiranti nelle medesime condizioni, garantendo in pratica una maggior imparzialità di giudizio; dall’altro, a evitare di perdere informazioni essenziali perché ci si è dimenticati di raccoglierle durante il colloquio.
    Questo tipo di intervista muove da domande generiche, per poi passare a domande via via più specifiche. In ogni caso, si tratta di domande dirette e precise, che presuppongono risposte dello stesso tenore e lasciano poco spazio a divagazioni.
  2. Destrutturato
    Nell’intervista destrutturata, invece, le domande non sono predefinite. Durante l’intervista, il selezionatore ci inviterà a raccontare libera mente alcuni aspetti o momenti della nostra vita (“Mi parli di…”) e ci incoraggerà ad approfondire qualche punto. Saremo liberi di riflettere e non ci troveremo di fronte a domande cui si può rispondere semplice mente con un sì o con un no. Per la stessa ragione, in questo tipo di colloquio: a)  non ci sono quesiti che suggeriscono la risposta (del tipo: “Suppongo che le piacerebbe seguire un corso d’informatica?”); b) l’intervistatore cercherà di esplicitare le risposte troppo brevi (per esempio: “Che rapporto ha con l’informatica?”. “Cattivo”. “Per ché? Mi spieghi”).
    Il tutto si basa sulla convinzione che, sentendoci perfettamente a nostro agio, non ci limiteremo a raccontare i nudi fatti (magari studiati a tavolino prima di presentarci al colloquio…), ma sveleremo alcuni elementi della nostra personalità.
  3. Semplice
    Si parla di colloquio “semplice” quando l’intervista, di durata variabile è svolta all’interno di un ufficio o di una sala riunioni da un unico selezionatore. È il tipo di colloquio più diffuso, che viene utilizzato sia dalle aziende sia dalle società di ricerca e selezione del personale. Può accadere anche di dovere sostenere più di un collo quio (solitamente un paio in tutto), ciascuno con un intervistatore diverso dal primo, spesso di livello superiore al precedente (superiore gerarchico o collega con maggiore esperienza o tuo futuro responsabile).
  4. A giuria
    Il candidato è solo di fronte a più selezionatori che lo sottopongono a una serie di domande. I vantaggi rispetto al colloquio semplice sono es senzialmente due:  a) i selezionatori elaborano le proprie valutazioni sulla base del mede simo colloquio, confrontandosi sulle medesime risposte fornite dal candidato; b) in un unico incontro, tutte le persone coinvolte nella selezione hanno modo di vedere il candidato, con un’evidente risparmio in termini di tempo e costi.
  5. Di gruppo
    È il caso in cui si convocano contemporaneamente più candidati, i quali prendono parte a discussioni, a simulazioni di lavoro o a giochi di ruolo. Può durare anche alcune ore. In alcuni casi, può essere presente anche più di un selezionatore (generalmente un paio: chi gestisce la discussio ne/simulazione e chi osserva le reazioni dei candidati annotando gli aspetti più interessanti).
    Il colloquio di gruppo consente di: a) valutare aspetti, come l’interazione con gli altri, che il colloquio individuale non fa emergere con la stessa evidenza; b) fare una scrematura preliminare dei potenziali candidati da ammettere al colloquio individuale (“semplice”), non basando la valutazione sulla sola analisi dei CV.

Gli interlocutori con cui si può avere a che fare sono essenzialmente di due tipi: interni ed esterni all’azienda.

  1. Gli interlocutori interni.
    Gli interlocutori interni possono appartenere, in sintesi, a tre categorie: a) direttori del personale (o suoi collaboratori) oppure responsabili delle risorse umane (o suoi collaboratori); b) futuri capi ufficio; c) imprenditori titolari dell’azienda o dirigenti.
    Nelle medie e grandi aziende è difficile che l’imprenditore e le alte ca riche dirigenziali siano coinvolti personalmente nel processo di sele zione; quando questo accade, si tratta di assunzioni per posizioni di vertice. Viceversa, nelle piccole imprese molto spesso il titolare o il di rettore generale si occupano direttamente delle selezioni.
  2. Gli interlocutori esterni.
    Talvolta sono le società di intermediazione di domanda e offerta di la voro a svolgere la ricerca del personale per conto delle imprese; in alcu ni casi gestiscono l’intero processo selettivo oppure, più frequentemen te, solo la fase preselettiva, consegnando poi alla società cliente una rosa di candidati fra cui scegliere.
    Alcune di queste società raccolgono curricula solo per la specifica posi zione ricercata dalle imprese committenti (se il curriculum inviato non ri sulta di interesse, non viene neanche trattenuto per una successiva e di versa selezione), altre (la maggior parte, soprattutto se offrono i loro servizi tramite una piattaforma online), hanno tutto l’interesse ad archi viare i curricula ricevuti nella propria banca dati (se risulta costantemen te aggiornata e ricca di profili, consente di soddisfare in modo accurato e tempestivo le esigenze delle aziende clienti). Vale quindi la pena di au torizzare queste società di intermediazione a trattare i propri dati perso nali secondo quanto stabilito dalla legge sulla privacy.

 

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Il giorno del colloquio

È importante arrivare all’appuntamento in anticipo di qualche minuto. Arrivare in ritardo senza la giustificazione di un gravissimo imprevi sto, se non pregiudica del tutto la valutazione del selezionatore (e non è detto), rappresenta comunque un inizio in salita.

È opportuno che portare con se una copia del curriculum, soprattutto se abbiamo una versione aggiornata rispetto a quella in possesso del selezionatore

Cerchiamo di avere a portata di mano la lettera o l’e-mail con la quale, eventualmente, ci hanno convocato: contiene informazioni essenziali quali orario e sede dell’incontro, persona con cui si ha appuntamento e che occorre indicare alla reception ecc.

Che cosa fare a questo punto? Dobbiamo rivolgerci al selezionatore facendo precedere il suo cognome dal relativo titolo, che sapremo perché riportato nella lettera di convocazione o, al limite, in quanto segnalato dalla reception/segreteria che ci accoglierà il giorno del colloquio. In alternativa, si può comunque utilizzare Dottore o Dottoressa (saranno loro a correggerci nel caso non siano laureati e ci tengano a precisarlo) oppure più semplicemente “signore/a”.

Se non veniamo accolti personalmente dal selezionatore, che invece attende nell’ufficio o nel luogo deputato all’incontro, è “obbligatorio” bussare alla porta prima di entrare. Davanti all’esaminatore si deve dare un’impressione di spontaneità con:

  • una buona stretta di mano (anche se non troppo energica, non è una gara a chi è più “duro”!);
  • guardando l’interlocutore negli occhi (come si dovrebbe fare sempre
    quando ci  rivolgiamo a qualcuno, senza cercare però di ipnotizzarlo);
  • presentandosi con nome e cognome senza titolo di studio (se ci hanno convocato per un colloquio è perché già conoscono il nostro CV; inoltre, attribuirsi dei titoli, soprattutto in giovane età, anche se effetti vamente posseduti, suona immediatamente come presuntuoso).

Prima di sedersi è meglio aspettare che si sia seduto il selezionatore o che abbia formulato l’invito ad accomodarsi: qualcuno tra i selezionatori è molto attento a questi aspetti di buona educazione, non soltanto “formali”, ma basati sul rispetto per la persona che abbiamo di fronte e che ci accoglie in “casa sua”. Per il medesimo motivo, masticare la gomma durante un colloquio è una scelta pessima.

Una volta seduti, è opportuno essere composti, evitando di dondolarsi e di cambiare continuamente posizione sulla sedia, di scivolare finendo per assumere una posizione da “lettino da spiaggia”, di cercare di leg gere i documenti sul tavolo, di ispezionare con insistenza l’arredamento del locale o di controllare l’orologio ogni 5 minuti, tutti segnali di ner vosismo che parlano di te.

 

Come vestirsi?

La prima impressione su una persona si basa inevitabilmente su elementi percettivi: sull’aspetto fisico dell’individuo nel complesso e in ogni sua parte, su tutti i segnali non verbali di comunicazione e anche sul suo ab bigliamento. Ci si fa una prima idea della persona che abbiamo di fronte già entro i primi trenta secondi di un incontro; quella che si forma nei primi cinque mi­nuti, se è stata positiva viene mantenuta fino al termine del colloquio nel 50% dei casi, mentre se è stata negativa resta tale nel 90% dei casi. Come a dire: le esperienze negative ci segnano in maniera più indelebile.

Dal momento che quando si sostiene un colloquio di lavoro si dispone di pochissimo tempo per dare un’immagine di sé, è opportuno curare non solo che questa sia il più possibile positiva, ma che esprima al meglio quello che si intende comunicare. Quindi? Quindi non bisogna “travestirsi”, ma restare se stessi, indossando vestiti consoni al clima della stagione, al luogo in cui si terrà il colloquio e al tipo di lavoro desiderato. Inoltre, deve essere scelto un modo di vestire che dia un’idea di equilibrio, misura e professionalità, altrimenti l’intervistatore potrebbe cogliere nell’abbigliamento del candidato una mancanza di rispetto o di capacità di adattamento o un’eccessiva eccentricità. Occorre vestirsi con personalità, ma evitando di essere disordinati o addi­rittura trasandati solo per dimostrare che si è indipendenti, anticonformisti o genericamente “contro il sistema”, perché l’azienda a cui ci siamo proposti è un’organizzazione con cui dobbiamo interagire e non un nemico da combattere (altrimenti che ci facciamo lì?).

 

Come rispondere alle domande?

L’azienda assume soprattutto in previsione dei risultati che un candida to può ottenere. Più di qualsiasi cosa, quindi, è importante che comunicare al selezionatore, in modo preciso e diretto, che possediamo le caratteristiche giuste per ricoprire quel determinato ruolo.

Le frasi brevi sono più facili da seguire, ma i discorsi vanno comunque articolati in un’introduzione, un corpo centrale e una conclusione, in modo che risultino organizzati e non frammentari.

Le parole devono essere articolate bene e non “mangiate” per la fretta di rispondere. A meno che non lo richieda la posizione per la quale viene sostenuto il colloquio, è sconsigliabile usare parole troppo tecniche o un gergo troppo specifico; ovviamente ci saranno casi in cui non se ne può fare a meno, e il vocabolario tecnico, usato a proposito, è garanzia della propria esperienza nel settore. È preferibile evitare di utiliz zare sigle, a meno che non siano ben conosciute (alcuni selezionatori si divertono a chiederne il significato ai candidati che le usano) e anche di usare parole straniere di cui non si conosce la corretta pronuncia o l’esatta traduzione.

A proposito di traduzioni: stage è un termine francese e si pronuncia di conseguenza. Il termine omonimo inglese stage, inve ce, ha una pronuncia differente, significa “palcoscenico” e non ha niente a che vedere con il tirocinio.

È meglio tralasciare, per quanto possibile, gli aggettivi troppo “forti” e i superlativi assoluti e ridurre al minimo le ripetizioni. Un’eccessiva prolissità rischia di far addormentare l’interlocutore; viceversa, se sei troppo sintetico dai l’impressione di non avere nulla da dire o di avere scarso interesse per l’argomento.

Anche i silenzi vanno gestiti con un pizzico di buon senso e la capacità di gestire il silenzio è una delle più apprezzate dai selezionatori: dobbiamo avere pazienza nell’ascoltare senza interrompere e fare delle pause per riorganizzare i pensieri prima di rispondere .
Quando parliamo di noi stessi, è un errore enfatizzare troppo la nostra preparazione o le nostre esperienze: creeremmo un’immagine supponente. Tuttavia, deve trasparire la fiducia in noi stessi.

Come già anticipato altrove, è possibile che il selezionatore ponga domande di tipo personale inerenti idee politiche, religiose o relative ai progetti familiari (queste ultime soprattutto alle donne). Se ci venisse posto un quesito del genere sarebbe bene avere il coraggio di rispondere, senza polemizzare, che si tratta di questioni relative alla nostra vita privata e che non incidono in alcun modo né sulle nostre capacità e attitudini professionali né sul tempo o sulle energie che dedicheremo al lavoro. Se lo faremo con le dovute maniere, non offenderemo nessuno e non pregiudicheremo il buon esito del colloquio. Se, invece, anche in questo caso il selezionatore insistesse nel pretendere una risposta, è evidente che ci troviamo di fronte a una persona scorretta di cui è bene diffidare. Probabilmente ci sta ponendo qualche tranello perché vuole osservare il nostro comportamento sotto pressione e in uno stato di imbarazzo.

A volte l’intervista può cominciare con quelle che vengono definite domande “paralizzanti” e che si con traddistinguono per essere domande aperte alle quali si può rispondere in vari modi. Se, per esempio, il selezionatore dice in apertura: “Mi parli di lei”, cosa rispondere? È un vantaggio essere preparati a domande di questa natura e prevedere quindi la risposta in funzione delle informazioni raccolte (profilo richiesto, cultura dell’azienda, posizione aziendale del selezionatore), ma nulla impedisce di rilanciare con domande che aiutino ad aggiustare il tiro, del tipo “Preferisce che inizi dalla famiglia o dalla formazione?”. È rischioso, invece, rispondere “In che senso?” perché si perde l’occasione di orientare il colloquio e di comunicare una certa sicurezza. Se non si hanno esperienze di lavoro specifiche si può parlare delle proprie aspirazioni professionali o di altre attività svolte, purché in qualche maniera attinenti alla posizione per cui ci si candida. Non è opportuno, invece, parlare della propria vita privata o di eventuali problemi personali.

Molte domande hanno uno scopo diverso da quello apparente. Per esempio, chiedendo di parlare del miglior successo ottenuto, si cerca anche di capire se abbiamo una visione chiara del nostro passato. È utile, come sempre, prepararsi una risposta pensando a un episodio finito bene per la propria società, piuttosto che tirare in ballo difficoltà personali o fami liari. Ma non dimentichiamo, dopo avere raccontato i nostri successi, di raccontare anche un episodio in cui le cose sono andate male: eviteremo così il rischio di apparire un supereroe infallibile (e, dunque, con pretese altis sime) e incapace di valutarsi anche criticamente. Insomma: né chi risponde “non ho mai avuto successi in vita mia” né chi afferma “tutto ciò che faccio si trasforma in successo” usciranno bene da questa domanda.

Un altro tipo di domanda “a doppio taglio” è quella in cui si chiede di parlare delle proprie qualità e difetti personali. In questo caso, è opportuno cercare di descrivere i difetti come “aree di miglioramento”. Chi non ha alcuna consapevolezza dei propri limiti desta subito sospetto; è molto più proficuo dimostrare di riconoscerli e di stare lavorando per compensarli. Le qualità possedute da mettere soprattutto in evidenza sono quelle che possono essere più richieste nello specifico ambito aziendale. Naturalmente è meglio non autocelebrarsi oppure utilizzare espressioni imparate a memoria (come “so lavorare per obiettivi”, “so no orientato al cliente e al livello di servizio” ecc.), a meno che non si sia in grado di suffragarle con esempi concreti.

Se si ha già esperienza di lavoro, in qualsiasi momento il selezionatore può informarsi sul tuo guadagno presente o passato. Tendenzialmente si ritiene che cambiare posto di lavoro senza avere un incremento della propria retribuzione di almeno il 10% non sia qualificante e che perciò ogni richiesta vada fatta in questo senso. Consci di ciò, si può decidere di chiedere di più o, al contrario, di accontentarsi di una cifra minore se il posto in oggetto è strategico per la propria carriera. L’importante è avere ben chiari i limiti entro i quali muoversi e saperli motivare (sulla base, per esempio, di esigenze di autonomia e indipendenza, oltre a quelle concrete come pagare l’affitto, l’auto, le bollette ecc.), così da dare al selezionatore l’impressione di essere flessibili, ma determinati e concreti. È opportuno comunque parlare del guadagno desiderato in un incontro successivo al primo, in modo da avere tutto il tempo per chiarirsi meglio i contenuti della posizione e di chiedere dunque un compenso adeguato per le tue prestazioni.

Un’ultima considerazione: molte provocazioni o domande “cattive” vengono spesso impiegate nel corso del colloquio per mettere alla prova i candidati migliori, mentre colloqui “all’acqua di rose” possono indicare (anche se non necessariamente) una valutazione negativa da parte del selezionatore che, in questo modo, vuole congedare rapidamente il suo interlocutore.

In chiusura, può risultare utile ribadire la tua disponibilità, per esempio ai trasferimenti e agli spostamenti o alle diverse forme di contratto, prestando però attenzione a dimostrare interesse proprio per quel ruolo, non per un ruolo qualunque, e non trascurando eventuali (legittime e ragionevoli) tue esigenze personali, come scadenze per rispondere a offerte alternative ecc.

Dopo essersi informati su come verrà comunicato l’esito del colloquio, i saluti e i ringraziamenti sono d’obbligo. Per esempio: “Grazie per il tempo che mi ha dedicato, spero di rivederla/risentirla presto, buona giornata”. Al posto del selezionatore, non vorremmo anche noi essere salutati allo stesso modo?

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Come affrontare un colloquio di gruppo

Il colloquio di gruppo permette di osservare i candidati in situazioni collettive, che tendono a riprodurre le dinamiche aziendali, e di valutare le reazioni dei partecipanti in una situazione di alta competitività e di stress.

I gruppi sono costituiti da candidati (generalmente in numero compre so tra cinque e dieci) che di solito non si conoscono, pur avendo un background comune, e che devono superare alcune prove, con uno o più selezionatori presenti. In pratica, si riunisce il gruppo e gli si affida un compito da svolgere: il comportamento dei membri sia nel loro in sieme sia in quanto singoli è osservato attentamente. La difficoltà principale consiste quasi sempre nel giungere a una soluzione condivisa da tutti.

Scopo del colloquio non è quello di entrare nel merito di ciò che viene detto o delle opinioni che vengono espresse, bensì di definire le caratteristiche e il modo di relazionarsi di ciascuno con gli altri componenti del gruppo. Perciò nelle discussioni di gruppo si misurano le abilità di relazione, la leadership, ma anche la capacità di produrre risultati all’interno del gruppo proponendo soluzioni realistiche convincenti o impostando il metodo con cui il gruppo giungerà alla soluzione (per esempio: riuscire a convincere il gruppo che la procedura migliore è quella di fare dire a ciascuno dei membri la sua opinione e poi di votare cia scuna proposta a maggioranza) e la capacità di mediazione nel caso di eventuali conflitti.

Come comportarsi, dunque, in un colloquio di gruppo? Quali sono gli atteggiamenti che vengono solitamente premiati? È difficile proporre regole universalmente valide. Esistono però alcuni elementi che rimangono essenziali a prescindere dal profilo professionale ricercato:

  • avere un atteggiamento attivo, senza manie di protagonismo, invadenza o spirito eccessivamente polemico;
  • manifestare e sostenere le proprie idee, sapendo valorizzare anche il punto di vista degli altri;
  • esprimere il proprio pensiero in maniera organizzata e logica;
  • dimostrare di avere la capacità di farsi apprezzare, di farsi com prendere, di ottenere fiducia e riconoscimento dagli altri;
  • saper gestire sia una fase di analisi collettiva del problema sia una fase decisionale anche in assenza di una completa informazione o avendo poco tempo a disposizione (situazioni ricorrenti anche nel mondo del lavoro);
  • non ergersi inutilmente a leader con il rischio di alimentare sterili conflitti: è più apprezzato chi, parlando di meno e ascoltando di più, interviene poco, ma in modo meditato, incisivo e sintetico.

 

Telefono e Internet per trovare lavoro 

Ci sono tante occasioni in cui, nel corso della nostra ricerca, il telefono di venta uno strumento importante. Saperlo utilizzare al meglio, dunque, può fare la differenza. Come per il colloquio, è bene che prepararsi su contenuti, toni, destinatari e obiettivi di ogni telefonata, per evitare di apparire da subito come una persona che improvvisa in modo ingenuo o incapace di controllare la propria ansia.

Il telefono diventa indispensabile in tutte le seguenti circostanze:

  • nella fase di raccolta informazioni su un’azienda (per esempio: quando si vuole conoscere il nome esatto della persona cui inviare la nostra autocandidatura, se gli altri canali hanno fallito);
  • dopo avere inviato un’autocandidatura, per sapere se è stata letta e quale sia stato l’esito;
  • dopo un colloquio, nel caso la comunicazione dell’esito non giunga entro i termini che ci avevano indicato;
  • per tenere viva la nostra rete di conoscenze personali.

Se non esiste una conoscenza in comune fra noi e il nostro contatto obiettivo che faccia da ponte, centraliniste/i e segretari/ie sono spesso ostacoli difficilissimi (quando non impossibili) da superare. E la difficoltà aumenta proporzionalmente con la loro professionalità. Infatti, fa parte del loro lavoro riconoscere e smistare o “respingere” chi chiama. Esattamente come faremmo volentieri a meno delle centinaia di e-mail di spam che troviamo nella posta elettronica tutti i giorni, non vorremmo nemmeno essere disturbati e interrotti in continuazione nel nostro lavoro e per ragioni che non ci riguardano. E allora, cosa si può fare per aggirare que sti filtri?

C’è chi suggerisce di non anticipare la ragione della telefonata, indicando “ragioni strettamente personali”. Il problema di questo approccio è che, se riesce a superare il filtro, il tuo contatto- obiettivo scoprirà imme diatamente che queste ragioni “strettamente personali” non sono altro che una richiesta di informazioni o di un appuntamento. La sua reazione immediata sarà di irritazione: a questo punto saranno necessarie doti di comu nicazione particolarmente sviluppate o  sarà difficilissimo ribaltare la si tuazione a nostro favore. In ogni caso, se ci si trova in questa situazione o, più in generale, se ci si accorge di avere chiamato il nostro contatto‑obiettivo nel momento sbagliato, concludiamo rapidamente la te lefonata: scusiamoci per il disturbo, comunichiamo che richiameremo in un momento migliore (cercando di sapere quando) e salutiamo educatamente. Nella peggiore delle ipotesi, avremo limitato i danni; nella migliore, avremo ottenuto un appuntamento telefonico. Quasi sempre inutile e comunque scortese è lasciare il numero e pretendere di essere richiamati.

Come ogni forma di comunicazione, anche Internet ha le sue peculiarità. Rivediamole insieme, con l’obiettivo di non rimanere impigliati nella Rete!

La prima questione da risolvere è la connettività. Se non si possiede a casa un collegamento a Internet, non è il caso di preoccuparsi. Ogni Comune mette a disposizione, solitamente presso gli Informagiovani, postazioni con nesse a Internet cui accedere gratuitamente.

La seconda questione da risolvere è l’accessibilità alla propria casella di posta. L’ideale è una casella consultabile via web da qualsiasi postazione. Basta crearne una su qualunque sito offra tale servizio (fra cui Google, Virgilio, Libero, Yahoo! o Hotmail).

Non conviene fornire, per esempio, l’e-mail del posto di lavoro che stiamo attualmente svolgendo ma che desideriamo cambiare (anche per ché rischia di essere letta dai nostri datori di lavoro).

Inoltre, può essere utile creare una casella ad hoc, che utilizzi esclusivamente per la ricerca, con un duplice vantaggio:

  • non c’è bisogno di filtrare i mes saggi che riceviamo normalmente sulla casella di posta privata o di lavoro;
  • non rischiamo di intasare la casella privata o di lavoro di e-mail di spam, giunte perché qualche pirata informatico l’ha rubata da una mailing list.

I sistemi di posta elettronica consentono di creare diverse cartelle (o fol ders) per organizzare al meglio le e-mail che spedisci o ricevi. È bene non accontentarsi delle cartelle standard “posta inviata” e “posta ricevuta”, in quanto si rischia di confondere le e-mail destinate alla ricerca con tutte le altre. Ogni casella di posta, inoltre, consente la ge stione di una rubrica di indirizzi (address book): è importante tenerla organizzata e ordinata in base ai nostri obiettivi.

Consideriamo anche che le percentuali di apertura di e-mail da parte del de stinatario, come dimostrano tutte le ricerche di marketing on line, aumentano significativamente se l’oggetto è indicato in modo estrema mente sintetico, semplice e accattivante.

L’attenzione alle parole chiave vale a maggior ragione se si vuole creare una pagina Internet, all’interno di un sito, dedicata al nostro profilo professionale. Questa soluzione, però, è consigliabile solo se si svolgono pro fessioni quali webmaster, informatico, grafico, fotografo, giornalista, scrittore e, in generale, se si lavora con testo, immagini o multimedialità, per cui ha senso mostrare tramite un sito cosa sappiamo fare. Se prestiamo attenzione alla scelta delle parole chiave, consentiremo ai motori di ricerca di rintracciarci proprio in base alle nostre peculiarità.

Esistono libri e corsi, anche on line, sull’ottimizzazione dei siti in funzio ne dei motori di ricerca, tutti molti interessanti e utili, ma decisamente eccessivi per un sito personale (a meno che non si abbia intenzione di vendere prodotti o servizi via web). Un sito in cui le parole chiave che ci definiscono sono ben precisate, ripetute più volte e collocate nei punti strategici (nome del sito, titoli delle pagine, titoli interni alle pagine ecc.) è più che sufficiente.

Internet, come visto, può essere molto utile per rintracciare informazioni, farsi conoscere e comunicare. Per poter essere utilizzato al meglio, questo strumento richiede un minimo di competenza tecnica e un poco di pazienza: bisogna mettere in conto una buona dose di tempo per ogni collegamento; in particolare, cercando informazioni con i motori di ricerca, è molto difficile ottenere dei risultati soddisfacenti al primo tentativo.

La conoscenza di Internet è senza dubbio utile anche per arricchire il proprio curriculum, per quanto concerne le tecnologie informatiche. Presto, però, tale conoscenza verrà considerata come un requisito obbligatorio in ogni settore professionale e non più come un plus

Autore: Luciano Cassese

Luciano Cassese CEO Fosforo24 Fondatore ed editore di Professioneformatore.it Trainer, Speaker, Self Marketing Coach, Imprenditore On Line Appassionato Marketing, Sviluppo Personale, Meditazione https://www.lucianocassese.it