Sei molto generoso sul lavoro, metti tutto te stesso nelle attività complementari, e senti al contempo che qualcosa ti manca. Ti è mai capitato di provare questa sensazione? Sempre più persone soffrono di problemi legati allo stress, con forti ricadute sia sul lavoro che sulla vita privata e questo influisce negativamente sullo stato psico-fisico. Come porvi rimedio?
Gli assetti lavorativi, familiari e finanziari sono in continuo mutamento. Il mercato del lavoro cambia giorno per giorno, la disoccupazione e il precariato rendono difficile la realizzazione di una realtà familiare solida. Viene così a mancare uno dei mattoni sui quali si edifica una vita serena. Tutto ciò fa si che sempre più persone siano portate ad accettare condizioni occupazionali ai limiti della “normalità”.
Spesso percepiamo i luoghi di lavoro come spazi angusti dove ci si sente sempre più sotto pressione. Ciò contribuisce a creare, insieme a tanti altri fattori, una situazione di stress che influisce negativamente sullo stato psico-fisico oltre che sulla produttività lavorativa.
Esistono professioni più stressanti di altre?
Paolo Campanini, psicologo del lavoro e dottore di ricerca presso l’Università di Milano afferma che le professioni siano tutte uguali da questo punto di vista. Questo perché esistono numerosi altri fattori che possono incrementare lo stress nell’individuo: superiori pedanti, regole troppo rigide, orari prolungati, precariato, mobbing, competizione esasperata sono tutti ingredienti tossici che vanno ad alimentare il pentolone dello stress.
Lo stress da lavoro colpisce più di un quinto dei lavoratori dell’Unione Europea e ben 27% di questi risiede in Italia. Ansia, depressione, aritmia, attacchi di panico sono alcuni dei sintomi legati allo stress, che si ripercuote oltre che in ambito lavorativo nella sfera privata, rendendo ancora più difficili i rapporti interpersonali.
I rischi maggiori li corrono le persone che si identificano maggiormente con il proprio lavoro. Ma, nella fattispecie, cosa significa identificarsi con il proprio lavoro? Torniamo un attimo indietro nel tempo. Nella fase industriale, e in parte anche in quella post-industriale, le persone tendevano ad associare una persona quasi esclusivamente alla sua professione. I ritmi quotidiani erano scanditi dai turni sul posto di lavoro, mentre i momenti di svago erano spesso trascorsi insieme ai colleghi. Alcune aziende cercavano di incentivare i dipendenti a trascorrere tra loro le vacanze estive fornendo convenzioni con agenzie di viaggi per pacchetti di soggiorno convenienti o – in alcuni casi – finanziavano completamente le vacanze dei lavoratori, al fine di migliorare la vita dei lavoratori nel suo complesso. Quest’ultimo caso riguarda maggiormente la classe imprenditoriale nipponica ma non mancano esempi anche in altri paesi, come gli USA. L’identità di una persona era determinata e sorretta dalla sua professione. Basti pensare che fino a 30 anni fa non esisteva un numero così ampio di corsi universitari. Al di là delle principali facoltà, quali possono essere Medicina, Ingegneria, Giurisprudenza e Psicologia, la scelta era piuttosto limitata, rendendo le persone piuttosto rigide per quanto riguarda l’iter professionale, e questo influiva sui propri stili di vita.
Al giorno d’oggi, con la progressiva differenziazione del mondo del lavoro, la realtà professionale è sempre più sfaccettata e non relegata a ruoli sempre uguali. Se a ciò aggiungiamo l’esponenziale moltiplicazione del mercato dell’intrattenimento (cinema, musica, videogames), possiamo constatare che molte persone dedicano sempre più tempo ai propri passatempi personali – che quindi esulano dalla realtà occupazionale – rendendo così una persona ancorata a molteplici interessi. Questo ha contribuito, alla fine del millennio, a un leggero allentamento della presa lavorativa sulla mente delle persone, “liberandole” da ruoli predeterminati e diminuendo lo stress.
Cosa fare allora contro lo stress? Secondo Paolo Campanini, uno dei segreti per allentare la morsa asfissiante della propria professione, è “differenziare il più possibile le proprie attività”, riferendosi quindi proprio a quell’allargamento dei propri interessi che esulano dal mondo del lavoro.
Cambiare per crescere e migliorare
Secondo lo psicologo bisogna infatti cercare di utilizzare il tempo libero per dedicarsi ad altro: hobby, sport, famiglia, volontariato. Prendersi del tempo per sé non è dunque una pratica sbagliata, ma un utile consiglio per riportare equilibrio nella propria sfera psico-fisica. Noterai le ripercussioni positive di questa buona abitudine sia a lavoro – dove sarai più produttivo – che nei rapporti interpersonali.
Lavorare è importante, ma lo è anche divertirsi.