Hai già sentito parlare di mobbing?

Che cos’è il mobbing?

Il mobbing è una forma di terrore psicologico che viene esercitato sul posto di lavoro attraverso attacchi ripetuti da parte dei colleghi o dei datori di lavoro. Le forme che esso può assumere sono molteplici.

I casi di mobbing

Si è in presenza di mobbing nei casi di emarginazione, di maldicenze, di continue e ripetute critiche, nei casi di sistematica persecuzione, nei casi di assegnazione di compiti dequalificanti, nei casi di compromissione dell’immagine sociale.

I casi gravi:

I casi più gravi di mobbing prevedono il sabotaggio del lavoro ed il ricorso ad azioni illegali punibili penalmente.

Il fine del mobbing

Lo scopo del mobbing è quello di eliminare una persona che è, o è divenuta, in qualche modo scomoda, distruggendola psicologicamente e socialmente in modo da provocarne il licenziamento o da indurla alle dimissioni.

Gli studi

Le ricerche hanno infatti dimostrato che le cause del terrore psicologico sul posto di lavoro vanno ben oltre i fattori caratteriali del soggetto che subisce il mobbing.

È stato dimostrato che si fa mobbing nei riguardi di una persona, perché ci si sente surclassati da lei ingiustamente, per gelosia, per invidia, per antipatia, si tenta di costringerla a licenziarsi senza che si crei un caso sindacale.

Quando il mobbing è una vera strategia aziendale studiata

Esistono vere e proprie strategie aziendali messe in atto a questo scopo, infiniti mezzucci per portare alla disperazione ed all’esaurimento nervoso una persona, affinché si levi di torno senza doverla licenziare.

Il mobbing ha conseguenze di portata enorme: causa problemi psicologici alla vittima, che accusa disturbi psicosomatici e depressione, esso danneggia inoltre sensibilmente l’azienda stessa.

In caso di mobbing nella stessa azienda si nota un calo significativo della produttività nei reparti in cui qualcuno è mobbizzato dai colleghi.

Storia

Harald Ege (1996), psicologo del lavoro e uno dei massimi esperti di persecuzioni in ambienti di lavoro, “mobbing” (che nella traduzione letterale può significare assalire, accerchiare, avvilire, rattristare).

Ege spiega che mobbing è un termine inglese che usavano i biologi dell’800 per descrivere il comportamento degli uccelli, che per difendere il nido, volano attorno all’aggressore. Negli anni ottanta questo termine è stato ripreso nei paesi scandinavi ed applicato alle persecuzioni in azienda.

Il mobber

Infatti in alcune aziende si ricorre al “mobber“, cioè ad un capo “aggressore”, che svolga sistematicamente un’azione psicologica di terrore su un proprio subordinato, tipo quella di criticare esageratamente il minimo errore, seminare zizzania, minacciare ingiustificatamente, non gratificare i successi, con lo scopo di demoralizzarlo, per indurlo a licenziarsi.

Vi sono casi in cui il mobber esercita queste azioni di mobbing, perché il capo vede nel proprio subordinato un possibile ostacolo, in quanto considerato “concorrenziale” nel percorso carrieristico.

Il mobbizzato

In tal caso il “mobbizzato“, cioè la vittima di una persecuzione psicologica, è portato inevitabilmente a mettersi da parte, poiché “avvilito” e “rattristato” per quanto gli sta accadendo, rinunciando ad una collaborazione positiva con l’azienda.

Il mobbizzato così lascia via libera al proprio capo, cioè al mobber. Lo stress da mobbing ha assunto oramai proporzioni assai preoccupanti, tanto da indurre un gruppo di parlamentari a presentare un progetto di legge affinché venga riconosciuto come malattia professionale.

Il sindacato è da tempo mobilitato per arginare questo grave fenomeno, avvalendosi anche della collaborazione dell’Associazione italiana contro lo stress psicosociale.

Indagine

Il problema che, secondo un’indagine compiuta nei paesi dell’Unione europea, sta interessando oltre 12 milioni di lavoratori, vittime di questa forma di stress.

Esso, oltre che il singolo, tange anche le aziende, in quanto vengono a subire una minore resa produttiva.

Questo problema, è stato affrontato, ad esempio, in modo molto serio e determinato dall’Ente Nazionale per la Salute e la Sicurezza Svedese, che ha emanato delle disposizioni “antimobbing“, entrate in vigore sin dal 31 marzo 1994.

Secondo l’Ente Nazionale per La Salute e la Sicurezza Svedese le disposizioni anti mobbing vanno applicate “in tutte quelle realtà nelle quali i lavoratori possono essere oggetto di persecuzione durante il lavoro“.

Il testo integrale di questo interessante documentotradotto da Roberta Clericiè stato pubblicato nel supplemento settimanale Lavoro.it del quotidiano L’Unità del 31 agosto 1999.

Nella “Premessa” ad una Guida alle Sei Sezioni, che costituiscono le raccomandazioni in ordine all’applicazione delle disposizioni relative alle misure da adottare contro ogni forma di persecuzione sul lavoro; viene sottolineato che a monte di queste forme di persecuzione vi sono diversi tipi di carenze.

Si tratta di carenze relative all’organizzazione del lavoro o del sistema informativo interno, oppure di una gestione inadeguata del modo di lavorare, o un carico di lavoro eccessivo o, al contrario, insufficiente, carenze nella politica del personale o, ancora, il tipo di atteggiamento tenuto dal datore di lavoro nei confronti dei propri dipendenti.

Problemi organizzativi persistenti e insoluti possono causare forti tensioni mentali negative nei gruppi di lavoratori, con una diminuita capacità di tolleranza dello stress. Questo potrebbe indurre la cosiddetta mentalità del capro espiatorio e attivare comportamenti di rifiuto nei confronti dei singoli lavoratori.” Le cause dei problemi vanno ricercate nelle condizioni di lavoro reali, soprattutto nel caso in cui più persone, singolarmente, sono state oggetto per un lungo periodo di vari tipi di persecuzione psicologica….”.

La Guida elaborata dall’Ente nazionale svedese, come si è detto, affronta le tematiche delle Sei Sezioni.

Le Sei Sezioni sono così suddivise:

Sezione 1: definizioni

Le forme di persecuzione esercitata sul lavoratore, possono essere determinate da vari comportamentiquali la pressione psicologica, la crudeltà mentale, l’isolamento sociale e le molestie, tra cui quelle sessuali“.

Si tratta di problemi che riguardano, con sempre maggiore frequenza, la vita lavorativa e complessivamente rientrano nel termine di violenza o persecuzione.

Sono problemi molto seri con effetti gravi e dannosi, sia sul singolo lavoratore e sia sul gruppo di lavoro quando non valutati e gestiti in tempo.

Il mobbing può tradursi in stati patologici, mentali e fisici, che a volte possono diventare cronici, e sfociare addirittura in un rifiuto della vita lavorativa e persino dell’intera collettività dell’ambiente lavorativo.

Forme più ricorrenti di persecuzione psicologica, come esempio di mobbing:

  • Calunniare
  • Diffamare un lavoratore, oppure la sua famiglia
  • Negare deliberatamente informazioni relative al lavoro
  • Fornire informazioni non corrette
  • Sabotare o impedire in maniera deliberata l’esecuzione del lavoro
  • Escludere in modo offensivo il lavoratore
  • Boicottare o disprezzare il lavoratore
  • Esercitare minacce,
  • Intimorire o avvilire la persona, come nel caso di molestie sessuali
  • Insultare
  • Fare critiche esagerate
  • Assumere atteggiamenti o reazioni ostili in modo deliberato
  • Controllare l’operato del lavoratore senza che lo sappia e con l’intento di danneggiarlo
  • Applicare sanzioni penali amministrative ad un singolo lavoratore senza motivo apparente e senza dare spiegazioni e senza tentare di risolvere insieme il problemaEsempi di misure di ordine generale che il datore di lavoro può adottare per prevenire le forme di persecuzione nei luoghi di lavoro:

Sezione 2: misure di ordine generale per prevenire qualsiasi forma di persecuzione psicologica

  • elaborare una politica ad hoc per l’ambiente di lavoro che, tra l’altro, illustri le intenzioni, gli obiettivi e l’atteggiamento di ordine generale nei confronti dei propri dipendenti.
  • elaborare delle procedure che garantiscano condizioni psicologiche e sociali nei luoghi di lavoro le migliori possibili, anche per quanto concerne la situazione lavorativa e l’organizzazione del lavoro.
  • adottare misure per impedire che si manifestino reazioni negative sul lavoro, ad esempio elaborando delle regole che incoraggino un clima di rispetto e di amicizia nel luogo di lavoro.

Sono soprattutto il datore di lavoro e i suoi rappresentanti che per primi devono dare il buon esempio in tal senso. Ecco perché i quadri ed i dirigenti devono ricevere una formazione, tale da consentire loro di gestire le materie che rientrano nelle leggi di diritto del lavoro e soprattutto gli effetti delle varie condizioni di lavoro sulle persone ed i rischi di conflitto all’interno dei gruppi di lavoratori, tali da poter rispondere con prontezza mediante un sostegno qualificato a quei lavoratori che si trovassero in situazioni di stress e di crisi da mobbing.

Sezione 3: alcuni principi importanti per devono la vita lavorativa di ogni individuo

  • il rifiuto di qualsiasi atteggiamento o comportamento offensivi, a prescindere da chi sia coinvolto o da chi ne sia il bersaglio.
  • riveste inoltre un’importanza particolare il fatto che il datore di lavoro adotti misure efficaci, per evitare che qualunque lavoratore sia oggetto di forme di persecuzione da parte degi altri lavoratori.

Sezione 4: “Misure e procedure particolari” per prevenire problemi di organizzazione del lavoro o di discriminazione

  • Nessuno dovrebbe fare in modo di celare eventuali forme di persecuzione, neppure in presenza di un rischio di conflitto di lealtà.
  • Tutti i problemi che si presentassero in un luogo di lavoro devono essere affrontati rapidamente e in maniera pertinente e rispettosa. Le soluzioni vanno trovate attraverso il dialogo e misure atte al miglioramento delle condizioni di lavoro degli interessati.
  • Se viene avanzata qualche critica nei confronti di un dipendente, quest’ultimo ne deve essere informato in modo che abbia l’opportunità di replicare.
  • Nei casi in cui risulti ovvio che un lavoratore ha veramente provocato il risentimento di altri, il datore di lavoro dovrebbe far presente al lavoratore in questione che è suo dovere contribuire a creare un ambiente di lavoro sereno e un clima vivibile.
  • Nella politica di prevenzione relativa all’ambiente di lavoro il datore di lavoro deve predisporre un piano di intervento per quanto concerne gli aspetti psicologici, sociali e organizzativi dell’ambiente di lavoro che sono altrettanto importanti dei fattori di ordine fisico o tecnico.

Sezione 5: aspetti relativi ai rapporti umani nell’ambiente di lavoro

Qui, fra l’altro, si legge che gli “eventuali attriti non siano dovuti ad un’unica persona. Di regola le cause vanno esaminate in base al modo in cui è organizzato il lavoro e non lasciare alla responsabilità di un solo individuo.”

Possono fornire un importante contributo in tal senso:

  • è importante che ogni lavoratore sia consapevole della propria capacità di contribuire ad instaurare un buon clima di lavoro, del fatto che questo rientri nei suoi doveri. Le soluzioni ai problemi vanno ricercate in primo luogo attraverso l’elaborazione di metodi di lavoro, l’assegnazione del lavoro, la comunicazione, ecc. Per il raggiungimento di questo scopo si può procedere ad un’analisi della maniera in cui lavoro è organizzato ad esempio per quanto riguarda i doveri, i requisiti e l’autorità, e quindi, su questa base, avviare una discussione e programmare di conseguenza.
  • I servizi di medicina del lavoro possono fornire un importante contributo in tal senso ed essere di aiuto durante il processo di ricerca delle soluzioni, viene fatta rilevare l’importanza che assume, di fronte ad una forma evidente di persecuzione, l’intervento immediato del datore di lavoro nell’affrontare quegli abusi che hanno originato la persecuzione stessa.

Sezione 6, intitolata: “Un supporto per l’individuo e il gruppo di lavoro”

  • il problema di come un lavoratore assentatosi dal lavoro per malattia a causa degli effetti sulla sua salute di qualche forma di persecuzione psicologica debba essere aiutato a ritornare al suo posto di lavoro al più presto possibile. La normalità della vita di ogni giorno e un sostegno psicologico e personale sono sostegni fondamentali, per neutralizzare le gravi conseguenze di esperienze così traumatiche
  • Un rapido inserimento dipende in gran parte dal fatto di mantenere dei contatti positivi con la persona, sia egli in malattia o meno, e dall’opportunità che la persona ha di parlare privatamente sia con i compagni di lavoro sia con il datore di lavoro in merito a quanto è accaduto.

È importante, prevenire le cause che generano il mobbing, è fondamentale che un lavoratore abbia condizioni di lavoro che gli consentano di svolgere il proprio lavoro, senza essere surclassato da una mole eccessiva di stressors sociali.