Sai a chi ci si riferisce con il termine mobbizzato?
Il mobbizzato è la vittima del mobbing.
Sai come si manifesta il mobbing?
Nel mobbing si passa da una cosa semplice come quella di togliere il saluto all’altra persona, poi si passa a qualche battutina nei corridoi a scherzi di cattivo gusto ripetuti costantemente. Ci sono forme di mobbing che prevedono l’utilizzo di molte maldicenze ai danni del mobbizzato.
Il mobbing agisce a diversi livelli con differenti modalità d’azione che spaziano da forme varie di sabotaggio sino a giungere ad azioni addirittura illegali ai danni del mobbizzato, questo perché quest’ultimo risulta per qualche ragione molto scomodo, ecco perché qualcuno vuole distruggere psicologicamente la persona.
C’è dunque qualcuno che cerca di condizionare emotivamente il mobbizzato sino a far sì che egli si dimetta, questo è una modalità di funzionamento generale, è stato infatti dimostrato che, il disarmo emotivo vissuto sul luogo di lavoro è indipendente dai tratti di personalità del mobbizzato.
Spesso il capo mobber assegna al mobbizzato compiti dequalificanti oppure, al contrario lo sovraccarica anche di lavori che non gli spetterebbero.
Eppure nella stessa azienda, lo stress vissuto dal mobbizzato gli impedisce di lavorare con un tasso di efficienza e produttività, che è inferiore al 60%.
Mobbizzato e patologie
L’azienda del mobbizzato viene colpita da un calo di produttività, il mobbizzato stesso presenta un grandissimo rischio di sviluppare gravi malattie psichiatriche, si possono verificare casi di precoce prepensionamento con danni sull’equilibrio familiare e sull’integrità psicologica del singolo soggetto oltre che sul bilancio della società.
Lo stress da mobbing comporta conseguenze grandissime sul singolo individuo e su tutti quelli che lo circondano sia sul lavoro sia a casa ed in tutta la sfera privata.
La vittima del mobbing presenta il maggior numero di problematiche psicosociali, economiche e mediche, Ege parla di malattie specifiche causate dal mobbing, poiché quest’ultimo ha ripercussioni dirette sullo stato psico-fisico della persona mobbizzata, in quanto le somatizzazioni divengono croniche.
Il mobbizzato ha il terrore di incontrare nuovamente il mobber, questo genera continui attacchi di panico, che la persona non è affatto in grado di gestire.
La vittima di mobbing perde anche la capacità di concentrazione, a causa dei forti mal di testa, dei frequenti giramenti di testa e riduzione delle capacità di memoria. Sperimenta inoltre forme di depressione.
La mole e l’intensità degli stressors subiti a lavoro è troppa, tale da mandare completamente in tilt la persona mobbizzata.
La persona vittima di mobbing si ritrova suo malgrado a vivere una grave crisi esistenziale, a causa della perdita di identità lavorativa, causa a sua volta di totale perdita di autostima e di sensi di colpa. La crisi del piano emotivo crea anche crisi sul piano relazionale, si manifestano così conflitti prima latenti.
Inoltre, alcune ricerche hanno dimostrato che capita spesso che il peso del mobbing ricada addirittura sui figli dei mobbizzati che presentano le loro stesse somatizzazioni.
Nei casi più gravi, accade che la vittima mediti il suicidio o l’omicidio. Infatti La sovraesposizione allo stress del mobbing può portare la vittima mobbizzata a commettere reati per collera, per infrazioni, per reazioni violente o per stati improvvisi di aggressività oppure per eccessi di difesa.
La vittima risulta nel complesso particolarmente disorientata e fa davvero molta fatica oltretutto a collegare tutti questi sintomi alle violenze psicologiche subite nell’ambiente lavorativo.
Effetti perduranti del mobbing
Monateri (2000) sottolinea che la gravità degli effetti del mobbing perdura anche sino a 18 mesi oltre la fine dei maltrattamenti subiti.
Il mobbing come il branco
Il mobbing costituisce un assalto, persino gli studiosi del comportamento animale si sono pronunciati su cosa sia il mobbing, definendolo come “l’esclusione di un individuo dal suo branco“, anche i medici del lavoro considerano il mobbing una vera e propria violenza, ecco perché diviene insopportabile.
Chi è la vittima del mobbing?
Molti ricercatori si sono interrogati su quali siano i tratti distintivi di una vittima di mobbing, con scarsi risultati, infatti risultano ancora validi gli studi che ha compiuto H.Leymann negli anni Novanta, che hanno dimostrato che nessun tipo di personalità risulti maggiormente incline ad essere stressato dal mobbing.
Molti ricercatori ne sono ancora oggi allibiti, a differenza di fenomeni quali il bullismo e lo stalking, dove sono rintracciabili personalità tipiche, facilmente riconoscibili come potenziali vittime, il mobbing diversamente può succedere a chiunque, nessuno se ne salva.
Come puoi difenderti dal mobbing visto che nessuno se ne salva?
Quello che può aiutarti è riconoscerne i suoi segnali.
Come puoi fare a riconoscere i segnali del mobbing?
La sentenza 10037 del 2015 della Corte di Cassazione ha individuato sette parametri tipici del mobbing che lo configurano nel caso in cui coesistano tutti.
Ecco di seguito quali sono questi 7 parametri coinvolti nello stress vissuto dal mobbizzato a causa del danneggiamento perpetrato tramite il mobbing.
I sette parametri tipici del mobbing secondo la Corte di Cassazione:
- Ambiente
- Durata
- Frequenza
- Tipo di azioni ostili
- Dislivello tra antagonisti
- Andamento per fasi successive
- Intento persecutorio
Questi parametri indicano che le vessazioni devono avvenire proprio sul luogo di lavoro per un certo periodo di tempo in maniera costante e a lungo reiterata.
Inoltre deve essere presente qualche attacco alle possibilità del mobbizzato di comunicare e di isolarlo in qualche maniera anche, possono inoltre essere presenti attacchi alla sua reputazione, minacce, cambio di mansioni.
In pratica si tratta di un conflitto mirato da parte dell’antagonista mobber sul mobbizzato di perseguitarlo a lungo ci si riferisce ad una durata di sei mesi con almeno un episodio a settimana, finché necessario, al fine di ottenere quanto voluto.
Quando è il capo ad essere il mobber si tratta proprio di un disegno premeditato.
L’autodifesa verbale
Ege (2001) ha pensato a dei corsi di formazione di autodifesa verbale da rivolgere a ciascun lavoratore, affinché gli venga insegnato come poter gestire al meglio la conflittualità della vita quotidiana; col fine di fortificare interiormente le persone e poter quindi cambiare il proprio atteggiamento col mondo.
L’autodifesa verbale va indirizzata a tutti, sia uomini, sia donne, sia persone mobbizzate, sia gli altri lavoratori. Spesso il problema, secondo l’autore nasce dal fatto che ci sia incapacità di rispondere opportunamente al contesto.
Ege spiega che l’autodifesa verbale insegna delle regole e delle strategie fondamentali per potersi difendere dagli attacchi verbali (insulti, offese, risposte brusche, battute e scherzi di cattivo gusto, rimproveri eccessivi e critiche infondate), bloccandoli in primis e poi annullandoli.
Infatti prevenire e difendersi dallo stress è molto importante.