Stress e paura di parlare in pubblico ?
Ti sei mai posto il problema della gestione dello stress nella comunicazione in pubblico ?
Vorresti vincere il panico e conquistare la tua platea?
In uno studio effettuato in Inghilterra la “paura di parlare in pubblico” è risultata al primo posto tra le fobie degli intervistati, precedendo la paura della guerra, delle calamità naturali, dei serpenti ecc.
Le opportunità di parlare in pubblico sono numerose, e non esistendo un’adeguata preparazione scolastica si arriva molto spesso ormai adulti al primo impatto col pubblico. La sensazione che si prova è di sentirsi nudi, in piedi, esposti allo sguardo critico dei presenti.
In questa situazione lo stress è inevitabile, ed è proprio lo stress la causa dei maggiori problemi e delle più gravi difficoltà del parlare in pubblico. La prima fase di lavoro consiste pertanto nel capire le ragioni dello stress per poi poterlo gestire.
Le cause della paura di parlare in pubblico
Le cause dello stress umano sembrano oggi piuttosto note: noi siamo stressati di fronte a situazioni che la nostra memoria vive come negative. Per esempio, se in passato abbiamo avuto un’esperienza traumatica nel parlare in pubblico, causata da un vuoto di memoria o dall’incapacità di gestire una domanda aggressiva, tutte le volte che si ripresenterà la stessa occasione il cervello ci invierà un segnale di pericolo che attiverà l’ipofisi, e, attraverso un complesso sistema ormonale, stimolerà la produzione di adrenalina.
Ma lo stress causato dal parlare in pubblico viene avvertito anche da coloro che non hanno avuto esperienze negative precedenti, perché di fronte a una situazione nuova, mai vissuta prima, il cervello entra comunque in uno stato di allerta.
Lo stress non è un fenomeno soggettivo e imprevedibile, bensì un processo biochimico che si sviluppa e segue meccanismi fisiologici prestabiliti. E’ un meccanismo di difesa finalizzato all’aumento dei livelli di attenzione e di risposta agli stimoli dell’ambiente esterno. Questo meccanismo caratterizza tutti gli esseri viventi.
È l’adrenalina a scatenare la sintomatologia da stress nelle due manifestazioni istintive: l’attacco o la fuga. D’altro canto l’adrenalina è indispensabile all’essere umano per affrontare le situazioni difficili; è così che l’organismo riesce a produrre più energia, sia psichica che muscolare, acuendo anche i sensi della vista e dell’udito.
Lo stress non è dunque solo un fenomeno negativo, come ben sanno gli sportivi, le persone di spettacolo e anche coloro che sono chiamati a parlare in pubblico.
Immagina cosa accadrebbe se in una finale olimpica sui cento metri piani un atleta iniziasse a sbadigliare ai blocchi di partenza? Un simile segnale indicherebbe che l’atleta è “scarico”, e probabilmente non potremmo attenderci prestazioni di spicco.
Stress e prestazione
Nella relazione tra stress e prestazioni è possibile osservare come la prestazione tende ad aumentare con il crescere della tensione, così che se il livello di tensione è molto basso anche la prestazione è scarsa. In una comunicazione in pubblico questo avviene quando il relatore non dà peso al suo lavoro o all’uditorio, presentandosi scarsamente preparato e “con le pile scariche”.
Si arriva però a un punto, chiamato soglia critica, in cui la tensione è così alta da non poter più essere gestita dall’oratore. Si raggiunge questa soglia quando l’oratore percepisce non più come una sfida la sua opportunità di parlare in pubblico (in una sfida, più alta è la posta in palio più elevata è la tensione), bensì come una vera e propria minaccia. L’oratore vive in questo caso l’evento come un pericolo e teme di perdere il controllo della situazione.
I segnali dello Stress
Vi sono dei segnali che comunemente evidenziano un livello di adrenalina elevato in un relatore. È importante conoscerli perché possano essere meglio gestiti o camuffati:
Voce alterata. Spesso soffocata, a volte aggressiva.
Palpitazioni.
Sudorazione. Quando è visibile, tradita soprattutto dall’alone sotto le ascelle, è sgradevole.
Tremolio. Si attenua molto con la gestualità.
Scarsa lucidità. quando si è in tensione si perde lucidità e si manifestano i vuoti mnemonici.
Quando un relatore si accorge di essere in preda al nervosismo e avverte questa energia in eccesso reagisce cercando di dominarla: mani e braccia sembrano diventate delle protesi piene di energia che devono essere bloccate, le gambe sembrano muoversi da sole, lo sguardo diventa fugace, saltando da una persona all’altra senza cercare il contatto.
La soluzione può sembrare quella di mettere le mani in tasca o dietro la schiena o intrecciarle o infine incrociare le braccia.
Ma tutti questi tentativi finiscono per aggravare la situazione, perché l’energia in eccesso non può essere repressa e riaffiorerà in modo ancora più evidente: le mani in tasca o intrecciate inizieranno a contorcersi, le gambe bloccate dai piedi fermi a terra inizieranno a dondolare e così via, mettendo ancora più in risalto il nervosismo del relatore.
Siamo arrivati così ad una regola fondamentale sulla gestione dello stress: l’energia nervosa non va soffocata, va soltanto utilizzata positivamente per rafforzare la comunicazione.
Gestire lo stress quando devi parlare in pubblico
Gestire lo stress significa essere coscienti che abbiamo una forte carica di energia a disposizione, che ci sarà di grande aiuto se ben incanalata.
In questa pagina ti presento 3 delle 7 regole che ho identificato (che presento nel mio corso gratuito per e-mail Public Speaking – Conquista il tuo pubblico in 7 semplici mosseclass=”Apple-style-span” style=”font-style: normal; font-weight: normal; “>) per vivere positivamente lo stress da presentazione.
1. Essere consapevoli che tutti coloro che parlano in pubblico hanno lo stesso nostro problema di do¬ver gestire opportunamente la propria tensione. La disinvoltura che spesso riscontriamo negli altri è quasi sempre un ottimo camuffamento.
2. Prendere coscienza del fatto che il nervosismo è quasi sempre un problema nostro, squisitamente personale, non visibile all’esterno, a meno che non si cerchi di soffocarlo.
3. Preparare bene ogni dettaglio della riunione, ma studiare nei minimi particolari i primi minuti di apertura, quando la tensione è massima.
Conclusione
La paura di affrontare il pubblico non deve far dire: «Non ci vado!», anzi utilizzare bisogna l’occasione per affinare le nostre capacita’.
E assolutamente normale essere tesi per i primi tre minuti di intervento. Poi lo stato di tensione cala e parlare innanzi alla platea diventa naturale.
E’ possibile gestire lo stress e la paura di parlare in pubblico con pochi e semplici accorgimenti.
Fermati un istante!
Se anche tu devi Parlare in pubblico vorrei che sapessi che questo articolo è un estratto del “Corso gratuito di “Public Speaking – Conquista il tuo pubblico in 7 semplici mosse” per e mail di professioneformatore.it . Il Corso per e-mail è completamente gratuito.
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il carattere e l essenziale di una pers.
verità sacrosante ma molte, troppe volte non ci rendiamo conto di errori anche elementari che con un attimo di riflessione potremmo eliminare 🙂 complimenti per l’articolo! M Elena
Sono sempre le cose più ovvie che vengono disattese e che permetterebbero di evitare “errori” nelle relazioni….di qualsiasi tipo!
Grazie dell’articolo…….anche se sono affermazioni e concetti magari già noti non è mai banale ri-leggerli e “ripassare” la lezione.
Giò
Negli anni ho imparato che più di qualsiasi tecnica (di memoria o lettura veloce) è importantissimo dedicare qualche istante alla preparazione del nostro stato mentale e coltivare la concentrazione che piu ci permette di essere efficienti ed efficaci. Diversamente è come mettere dell’acqua in un vaso bucato e poi sorprendersi che non si riempia.
In bocca al lupo con i vostri studi!!
Floriana
Si, ma…sbaglio o l’italiano in questo articolo si è dato un pò latitante? Considerando luogo e firma dell’articolo, c’è di che rimanere allibiti.
Quanto ai “contenuti”…in estrema sintesi, la chiave per essere più performanti nei propri rapporti lavorativi sarebbe….essere più sensibili? Accidenti che notizia.
E vi ci profondete persino in complimenti, ad una tale ovvietà!
Per caso mi sono imbattuto su questo sito, altrettanto casualmente passo oltre.
Ciao Michele Grazie per la critica !
Per renderla eventualmente più costruttiva
Non mi sembra di aver scritto che bisogna “essere più sensibili” – Parliamo dello stesso articolo ?
ad ogni modo se ti sembra che sono stato Ovvio (come del resto potrebbe essere)
Vorresti proporre qualche Idea che possa aggiungere valore alla discussione?
Tante volte sono proprio le cose più ovvie e banali che fanno la vera differenza nella vita. La semplicità alle volte può essere una scelta! E nel mio caso lo è. Essere ovvi vuol dire tornare ai fondamentali.
Ciao a tutti,
questi elementi sono fondamentali ricordarli ma più che altro applicarli quotidianamente. Ed è spesso che distratti, dalle nostre non buone abitudini che non facciamo caso anche ai piccoli particolari quando una persona (moglie/marito,cliente,amico/a) ci sta comunicando qualcosa. Basta esercitarsi, e la formazione è importante per questo,io personalmente ne ho visto la differenza con i rapporti.
Per Michele, la grammatica ha il suo valore hai ragione, diamo semplicemente un occhiata ai contenuti.
Secondo te la tua critica è costruttiva???
Ottimo articolo Michele, il compito è informare,ognuno riceve a suo modo:
L’IMPORTANTE E’ CONSAPEVOLIZZARE.
Allora:
1) Non capisco perchè, ma le vostre repliche mi vengono comunicate dal mail server del sito come inerenti un altro post, a firma dello stesso autore e relativo al carattere…mentre io ho commentato quello relativo agli atteggiamenti da interrompere nei propri rapporti. Spero così di aver chiarito l’arcano e di aver ricondotto la discussione nei binari giusti, visto che mi si chiede di che articolo stia parlando.
2) Mi piacerebbe capire la vostra definizione di CRITICA COSTRUTTIVA.
Personalmente, non era mia intenzione essere “costruttivo” criticando la superficialità adottata nello scrivere l’articolo. Sono uno di quelli per i quali la lingua italiana ha ancora importanza, sapete. Magari, potrebbe essere costruttivo l’approccio alla mia critica da parte dell’autore dell’articolo, così la prossima volta forma e contenuti saranno entrambi corretti. Visto che non parliamo del primo fesso, ma del Presidente dell’AFP.
2) Sono uno studente master; TEORICAMENTE quelli come voi vengono a far lezione, tra gli altri, a quelli come me. Credo sia quindi quantomeno legittimo da parte mia pretendere che chi TEORICAMENTE dovrebbe formarmi, o addirittura chi li rappresenti, si curi della forma nella quale espone. Come spesso ci viene detto dai vostri colleghi, in qualunque disciplina, “la forma per un manager è importante”. Ed invece qua mi si chiede di soprassedere e di badare ai contenuti. Ma di che stiamo parlando allora, scusate?
3) I contenuti? Va benissimo…ripeto, per me sono ovvi, e da un professionista di livello avanzato come il dottor Cassese, credo sia lecito aspettarsi tutt’altro approccio alla questione, altro che “tornare ai fondamentali”.
Io cercherei di approfondire magari non ciò che E’ OVVIO che vada evitato a livello comportamentale, ma COME farlo. CONSIGLI sul come EVENTUALMENTE farlo. Ecco, QUESTO mi piacerebbe leggere, in un sito nel quale si parla di formazione. E non è che “concentrarsi su questo e quello” sia una risposta eh! FATTI CONCRETI, non intenzioni. Altrimenti tutto il “contenuto” si riduce alla stregua di rubrica da settimanale femminile alla “Donna Moderna”: banalità spacciate per grandi scoperte.
4) CONSAPEVOLIZZARE? Ma la smetiamo con questa terminologia da motivazionalismo americano degli anni ’80 (e parlo del periodo della sua più becera attuazione e travisazione, non agli scritti di Maslow del’54)? Sono finiti quei tempi, la gente è fin troppo consapevole. Mi dispiace, ma io non condivido assolutamente questo approccio, pertanto non riesco ad essere costruttivo nei suoi confronti. Anche perchè non sono in presenza nè di neofiti dell’argomento, per cui andar giù pesante significherebbe in qualche modo eccedere in zelo, nè tantomeno di personaggi prestati alla disciplina, per cui sarebbe relativa ogni forma di critica. Chi scrive, e la maggior parte di chi legge, credo, il formatore lo fa di professione, quindi alibi=zero. Onori ed oneri, signori miei. CONSAPEVOLIZZATEVENE anche voi.
Evidentemente non ha letto, ma più che altro compreso il punto 1!!!!
E certo.
Bè, se non indorare la pillola e cercare di scardinare la patina di buonismo e di reverenza che circonda articolo e commenti correlati può essere offensivo, sia pure.
Dimentichi poi un piccolo particolare: stando al vostro amato punto 1, dovrei chiedermi se certi toni e/o parole potrebbero darmi fastidio se fossero usati con me. Ebbene, pur sposando per l’occasione questo assunto (assolutamente parziale ed egoistico, se vogliamo), direi proprio di no. Mille volte meglio una critica aspra ma sincera, che tante superficiali pacche sulle spalle.
Ciao Michele,
Con piacere noto che commentare il mio articolo ti sta appassionando sempre di più. Benissimo! Rispondo allora alle tue considerazioni proponendoti nuovi elementi riflessione.
Pensavo una cosa : in parte è vero quello che dici ! Forse sei capitato nel posto sbagliato! forse questo sito non è esattamente quello che cercavi.
Vedi… Un blog è un luogo di scambio, confronto e conversazione, nel quale l’ autore propone un tema che poi viene discusso dai lettori attraverso l’utilizzo del form di risposta. Un blog non è un manuale e non è nemmeno una piattaforma di formazione a distanza! Tutti i blog funzionano più o meno in questo modo. L’autore propone di solito un tema e sviluppa un articolo parlando di “cosa fare” (secondo il proprio parere), in merito ad un determinato argomento. Per sapere “come farlo” ci sono poi i corsi e i manuali. L’articolo di un blog ha la finalità di stimolare una riflessione e proporre un argomento di discussione ma, non ha la pretesa di costituire un saggio e neppure un manuale.
Secondo, se i contenuti di questo articolo ti sembrano banali , buon per te! 😉
Questo vorrà dire che sei già ad un livello “evolutivo più alto del mio”. Io invece sento ancora il bisogno di confrontarmi con questi temi e, nella gestine dei miei rapporti con gli altri, cerco di tenere bene a mente questo piccolo gruppo di consigli.
Ultima considerazione: un albero si giudica sempre dalla qualità dei suoi frutti. Una teoria, una idea e un comportamento si giudicano tutti, sempre dai risultati che producono nella vita di tutti i giorni. allo stesso modo anche le persone. Si può sostenere che una cosa funziona (è giusta, corretta, utile etc etc) solo se produce i risultati sperati. Vorrei chiederti : in che misura ti senti soddisfatto dei tuoi rapporti umani? Il tuo modo di intragire con gli altri produce il livello di qualità di rapporti umani che desideri? Le tue relazioni producono il livello di soddisfazione personale che desideri?
Infine ti rinnovo l’invito : Ti andrebbe di lasciarci un contributo? Tu cosa vorresti aggiungere su questa tema ?
Dottor Cassese (mi perdoni se non mi viene spontaneo darle del tu),
scansando l’ironia discutibile di un paio di punti del suo commento, le rispondo che:
– il livello delle mie relazioni personali non è affare di alcuno, qui dentro, nè tantomeno rileva ai fini della discussione. Le userò fin troppa cortesia dicendole che, nonostante la mia distanza dalle sue posizioni, essa è assai soddisfacente, ma ovviamente perfettibile, come ogni evento umano.
– Se dobbiamo aver bisogno dell’esperto di turno per farci ricordare cose che dovrebbero essere nel nostro DNA comportamentale, siamo davvero pronti a lasciar campo libero alle altre specie del pianeta. Se vogliamo essere fieri di tutto ciò, sia pure.
Questo, in sintesi, il senso della mia critica al suo articolo.
Oltre alla sintassi.
– Questo non è un blog ma un portale, se non erro. Specialistico, per giunta. Con materiale scaricabile, per di più.
Un blog informa, un sito/portale offre anche risorse. E’ ben diverso, credo.
– Continua a chiedermi “contributi”. Ne devo dedurre che quanto ci stiamo dicendo per lei ha il valore di una lattina di Coca Cola sgasata?
Io sono solo uno studente. Lei è il professionista della formazione. Li scriva lei i contenuti. Ed invece di invitarmi a leggere manuali e saggi (cosa peraltro già in atto da tempo, stia tranquillo) si adoperi maggiormente ad offrire contenuti più specifici ai suoi utenti, anche a quelli più rognosi. Non c’è bisogno di scrivere saggi, manuali o videocorsi per dire cose utili e “nuove”. Si possono dire fesserie anche lì. La qualità prescinde dal supporto, immagino lei lo sappia.
Altrimenti mi perdoni se l’ho presa troppo sul serio, a lei ed al suo “blog”. Correrò in tal caso in libreria evitando di perdere altro tempo qui.
Ciao Michele ,
Professioneformatore.it è un blog credimi … l’ho inventato io! Saprò pure cosa ho fatto e con quale software l’ho sviluppato!
Se pensi, come hai scritto, che queste siano “ovvie fesserie” va bene così!
Ma, vedi, dal mio punto di vista nelle cose “semplici” ci sono sempre tutte le risposte! Spesso bisogna ricordarsi anche le cose più ovvie !
Tuttavia questo è solo il mio punto di vista ! Nessuno ti obbliga a leggere queste fesserie! o tantomeno a pensarla come me!
PS. La critica è costruttiva quando propone alternative. Dire “In questo modo è sbagliato” è facile. Molto più impegnativo è dire “In questo modo è verificato che è meglio”
Alla prossima
Solitamente quando gli argomenti nei confronti dell’interlocutore iniziano a scarseggiare, ci si rifugia nell’attribuirgli parole offensive. Voglio però credere nella sua buonafede, e le dico che ha preso un granchio, decisamente. A me non pare di aver utilizzato da nessuna parte l’espressione “ovvia fesseria”, e me ne guarderei bene. “Ovvietà” c’è, ma “fesseria” è tutt’altro paio di maniche, ed ovviamente non l’ho utilizzato. Sono in disaccordo sul contenuto del suo articolo, l’ho criticata per una certa superficialità nel curarne la forma sintattica, ma MAI mi permetterei di offenderla dicendo che scrive “fesserie”.
Quanto al fatto che questo sia/non sia un bog, onestamente è questione di lana caprina, rispetto al resto. D’accordo, è un blog. Ottimo software, articolato come un sito.
Infine, riguardo la concezione di “costruttività”…lei ha ragione, ma se sapessi dirle “così è verificato che è meglio”, sarei IO il formatore. Sarebbe un dialogo inter pares. Così però non è, l’ho messo in chiaro dal primo momento, così come pure chiaro è stato il motivo per il quale ho attaccato l’articolo nei suoi contenuti. Se fossi stato di fronte ad un articolo “tecnico” sulla formazione, avrei bellamente taciuto. Ma siamo di fronte ad una tematica di ampio respiro, ed ognuno ha pane da portare a tavola, sull’argomento.
Quanto l’essere o meo costruttivi…COSTRUTTIVO è anche l’atteggiamento auspicabile da chi riceve la critica. Lei, dall’alto della sua esperienza professionale, secondo me poteva poteva sicuramente fare di meglio. In quanto lei=formatore ed io=studente.
E poi, come lei stesso ha detto….sul COME ci sono libri e conferenze. Qua ci si scambia punti di vista.
Ecco, io il mio credo a questo punto di averlo chiarito abbastanza. Se serve, bene, altrimenti, bene lo stsso.
Devi essere una persona davvero pesante… e non intendo fisicamente..
Molto interessante l’articolo, potrebbero sembrare ovvietà ma vi assicuro che non è assolutamente semplice metterle in pratica quotidianamente!
Molto simpatica l’espressione “vampiri energetici” 😀
Aproposito dei commenti di Michele che in seguito finirò di leggere,vorrei ricordare che la cosa piu importante per tutti sarebbe applicare le “regole”.Mi spiego:visto che la semplicità cosi importante,e non citerò dato che si ricorda di cio che scrive;sapere chi si è! I formatori a mio avviso non si occupano di signore bloccate con figlo che fuma le canne,se non invadendo i campi altrui,magari anchè competenti.!