Uno dei temi più trattati dalla psicologia è la motivazione. Questo tema sta assumendo, oggi, un peso sempre più rilevante nella formazione e nella gestione delle risorse umane, e la sua importanza cresce sempre più in funzione dell’accelerarsi del processo di terziarizzazione dell’economia italiana.
Premetto che di solito evito di parlare di trucchi, segreti o regolette, quando si parla di tematiche legate alla personalità ma, in questa occasione mi sembrava utile stabilire dei punti chiave sui quali focalizzare la tua attenzione . Per questo ho deciso di pubblicare queste riflessioni sotto forma di sette regole.
In questo post il tema della motivazione non viene affrontato dal punto di vista del comportamento individuale cioè “cos’è che ci motiva al lavoro” ma dal punto di vista di chi deve gestire una squadra quindi “come fare a motivare la propria squadra di lavoro a dare il massimo?” in un periodo di incertezza come quello in cui oggi viviamo, e a superare la dicotomia tra obiettivi personali e obiettivi dell’azienda.
La Motivazione è la leva competitiva dei nostri giorni!
Su un mercato del lavoro, sempre più competitivo e flessibile, così come quello che si è strutturato in questi ultimi anni, la motivazione dei propri collaboratori è diventata una variabile strategica per l’impresa, in quanto può fare realmente la differenza fra raggiungere o mancare gli obiettivi di performance prestabiliti. Le persone oggi possono determinare il successo o l’insuccesso di ogni organizzazione e possono, inoltre, essere una notevole fonte di vantaggio competitivo.
In questo tempo alle aziende italiane viene chiesto molto di più che produrre semplici prodotti fisici standardizzati. Oggi si chiede di essere flessibili, offrire servizi, rispondere ai bisogni sempre nuovi della clientela, ridurre i costi, aumentare le opportunità, migliorare l’esperienza d’uso etc etc.
Di conseguenza anche al lavoratore oggi non è chiesto più soltanto di eseguire semplici e ripetitivi compiti manuali ma, di approcciare quello che fa con intelligenza creatività, dedizione,. e questo tipo di richieste vengono formulate a tutti i livelli. Non c’è quasi nessuna qualifica professionale che sia esonerata da questo generale aumento delle aspettative. In altre parole oggi, tutti i lavoratori devono fare molto di più, di quello che facevano un tempo ma, con minori risorse.
Il sogno di ogni imprenditore, e di ogni coordinatore di risorse umane, è quello di trovare collaboratori auto-motivati che lavorino coscienziosamente, con assiduità, che desiderano esprimere al meglio il proprio potenziale nel contesto organizzato al quale appartengono.
L’esperienza quotidiana tuttavia, ci fa notare che nella realtà esistono diverse tipologie di lavoratori. Ci sono degli individui che nello svolgere le proprie mansioni si applicano il minimo indispensabile, arrivano spesso tardi in ufficio, non rispettano le scadenze e riescono raramente a portare a termine i propri compiti e trovano sempre molte giustificazioni ai propri fallimenti. All’opposto ci sono poi persone che, in tutti i progetti si applichino e cercano di dare il massimo, lavorano tanto, spesso trattenendosi in ufficio oltre l’orario di lavoro e accolgono i nuovi incarichi con entusiasmo, sono ambiziosi, e mossi da una spinta a fare sempre meglio. Ci sono, infine, gli individui che mercanteggiano in continuazione, ad ogni nuovo incarico cercano di capire cosa possono guadagnare di più in termini di tempo e di danaro, che rimandano continuamente le scadenze perché cercano di accaparrarsi quanti più lavori possibili. La motivazione è quello che fa realmente la differenza tra tutti questi tipi di lavoratori.
Ma cos’è, esattamente, la motivazione?
Essa può essere definita come ciò che spiega l’inizio, la direzione, l’intensità e la persistenza di un comportamento diretto a uno scopo (De Beni e Moè, 2000). Il termine MOTIVAZIONE deriva letteralmente da Motivo-azione, cioè il “Motivo” che ci spinge a compiere una determinata “Azione”. In altre parole è l’insieme degli scopi che spingono una persona ad agire e a mettere in atto un comportamento in direzione degli obiettivi da raggiungere.
Per molto tempo si è creduto anche erroneamente che per ottenere il massimo da un collaboratore bastasse condizionare l’elargizione di premi o eventuali punizioni alla qualità dei risultati prodotti. E così per anni si sono organizzate le politiche motivazionali attraverso strumenti quali stipendio (Valore materiale) e Carriera (riconoscimento sociale all’interno dell’organizzazione ).
Effettivamente, l’abilità di riconoscere queste leve può consentire all’imprenditore accorto di attivare, talvolta, risorse insperate nel proprio collaboratore. Tuttavia, al giorno d’oggi sempre più spesso questo non è sufficiente ad assicurare l’assiduità e la continuità, negli anni, del livello di prestazione desiderato.
In primis la motivazione è un fattore essenzialmente soggettivo: ognuno di noi è motivato da fattori differenti. Essere motivati al lavoro significa svegliarsi felici per l’inizio di una nuova giornata lavorativa, non sentirsi stanchi ed essere sempre alla ricerca di nuovi traguardi.
Alcune persone sono più attratte dal denaro, altri dalla sensazione di essere considerati i migliori, di essere riconosciuti nel proprio ruoli altri ancora dalla sfida materiale con gli avversari, altri dall’opportunità di esprimere la propria creatività.
Inoltre non sempre gli obiettivi del lavoratore coincidono con gli obiettivi del gruppo. O meglio spesso il lavoratore percepisce una dicotomia una contrapposizione tra i propri obiettivi personale e gli obiettivi dell’azienda nel suo complesso. (Definizione di Motivazione secondo Wikipedia)
Il problema della motivazione è questione di obiettivi!
La questione che vorrei porre in questo articolo non è tanto quella di spiegare “cosa motiva le persone al lavoro” (di cui tra l’altro internet è piena di post con rispettive risposte) quanto piuttosto quella di offrire una piccola risposta alla domanda :
“come allineare gli obiettivi del lavoratore agli obiettivi dell’organizzazione?“
Spesso la mancanza di motivazione non è legata alle politiche degli incentivi (“faccio un lavoro che mi da lo stipendio migliore”) e nemmeno alle caratteristiche specifiche del ruolo professionale di un singolo lavoratore (“faccio un lavoro che mi piace con il quale esprimo me stesso”) quanto piuttosto ad alla percezione di una dicotomia, una contrapposizione tra gli obiettivi dell’azienda e gli obiettivi del lavoratore (“mi conviene legare il mio futuro professionale a questa squadra”).
Del resto viviamo un periodo di incertezza sul mercato, è facile che si manifesti nel lavoratore il dubbio sull’affidabilità nel medio e nel lungo termine dell’azienda con la quale collabora. Molti studiosi di organizzazione negli anni ottanta già avevano notato che i dipendenti delle aziende non competevano tra loro per lo stipendio migliore ma per il “Posto” cioè per il ruolo professionale nel quale erano coinvolti. Il “Posto” influiva nel medio termine sulle prospettive di carriera svolte anche in contesti professionali differenti. Quindi un lavoratore che diventava assistente al direttore del personale nell’azienda X.spa poteva ambire a diventare anche direttore del personale presso l’azienda Y.spa rivendendosi il “titolo del ruolo professionale” che aveva svolto. Quindi, negli anni ’70 e ’80 era diffusa la convinzione che lavorare in grandi strutture in ruoli particolari del management garantisse il successo professionale perpetuo.
Il “percorso di carriera” era lo strumento principale sul quale fare leva per stimolare la motivazione nel personale. Ma oggi quante sono le aziende che riescono ad operare nello stesso modo?
Ben poche direi! anzi nessuna. Non c’è nessuna azienda che garantisce un percorso lineare e progressivo di crescita. C’è da dire di più! Negli ultimi anni sono sempre di più quelle aziende che hanno dimostrato di non essere capaci nemmeno di garantire una continuità lavorativa. Non sono poche le aziende che con la crisi hanno espulso personale anche a livello manageriale. Nel 2009 si è stimato che oltre 10.000 quadri e dirigenti hanno perso il proprio posto di lavoro nella sola Lombardia.
La domande che oggi si pongono sempre più spesso i lavoratori sono e che influiscono sul livello di motivazione sono :
“mi conviene dedicare gran parte delle mie risorse per partecipare a questa squadra?” e ancora
“se faccio oggi un sacrificio e investo risorse emotive, psicologiche e formative in questa esperienza, in questo percorso professionale, questa azienda farà lo stesso con me nel momento del bisogno o non scapperanno tutti al richiamo del si salvi chi può?”
“mi conviene di più passare il mio tempo libero per perfezionarmi nel ruolo che mi viene proposto dall’azienda o investire il mio tempo per dedicarmi ad una seconda attività, o fare semmai un lavoro a nero o a vendere qualcosa su internet? In fondo io sono solo uno dei tanti dipendenti di una azienda che non è la mia”.
Questa è la dicotomia a cui faccio riferimento, una contrapposizione di obiettivi tra lavoratore e azienda. Mentre l’azienda cerca di produrre risultati un po’ per tutti i soggetti coinvolti e interessati il lavoratore pensa a salvare se stesso. Ripeto questa contrapposizione prima era risolta con una serie di strumenti (la carriera, i benefit, i posti e gli stipendi) che oggi sembrano essere inefficaci proprio a causa dell’incertezza del mercato. Molti manager, sbagliando rispondono a questa ansia proponendosi come immuni dal problema :“non ti preoccupare questo posto e sicuro siamo una grande azienda, noi facciamo 5.000 (10.000, 100.000 dipendenti)” ma, a mio personale giudizio queste sono risposte vecchie che hanno fatto il loro tempo.
E’ sotto gli occhi di tutti come grandi molte grandi aziende continuino a espellere personale. C’è bisogno di risposte nuove a domande nuove.
Per un manager, quindi, oggi diventa molto importante sviluppare la capacità di comunicare al collaboratore che si è tutti dalla stessa parte e che quella esperienza lavorativa sarà comunque funzionale alla crescita professionale e personale dell’individuo.
L’ansia del collaboratore nei confronti dell’incertezza nel futuro può essere curata soltanto comunicando due cose: spirito di squadra e crescita personale:
spirito di squadra: “è vero viviamo nell’incertezza ma in questa avventura non sei solo, siamo una squadra un gruppo che affronta insieme questo periodo minaccioso” e ancora
crescita personale: “comunque vada anche nel caso in cui non lavorerai più con noi, avrai comunque accumulato tanta esperienza e sarai notevolmente cresciuto professionalemente”
Per un manager, quindi, diventa molto importante conoscere alcuni aspetti del comportamento umano, e sviluppare una buona comunicazione in termini motivazionali. Ecco quindi una serie di sette regole /abilità che devono essere sviluppate da parte di un manager per motivare il proprio gruppo, e per far sentire partecipe il lavoratore della stessa avventura.
Le sette regole
1. Dare sempre un feedback
Il Feedback è il processo attraverso il quale si forniscono informazioni di ritorno derivanti dal un comportamento o una azione.
Gli esseri umani desiderano ardentemente avere un riscontro alle loro azioni. È una caratteristica innata nel genere umano. Ogni genitore lo sa se di prova a ignorare un bambino di tre anni questo cercherà di ottenere attenzione in molti modi differenti, ma se si continuerà a trascurarlo, presto si metterà a piangere o romperà qualcosa, perché qualsiasi tipo di feedback, anche quello negativo, è meglio dell’assenza totale di feedback. L’assenza totale di feedback porta all’apatia. Un bambino che quando piange non riceve alcuna risposta presto smetterà di piangere e lentamente si intristirà sempre di più perdendo la voglia di fare qualunque cosa, anche di giocare e anche di mangiare. È stato dimostrato che i bambini quando continuamente ignorati smettono di nutrirsi.
Alcuni pensano che questo principio si applichi soltanto ai bambini, ma in realtà vale ancor di più per gli adulti.
I tuoi collaboratori non sono diversi. Se tronchi il feedback, le loro menti ne elaboreranno uno personale, spesso basato sulle loro peggiori, ansie, paure e angoscie ; e così inizieranno a fantasticare “non mi ha detto nulla perchè ce l’ha con me” o peggio “non ci dice niente perché siamo in crisi già sta pensando a come mandarci a casa” .
Inoltre considera che gli esseri umani bramano un feedback reale basato su dati concreti, non semplici commenti condiscendenti e tranquillizzanti “non ti preoccupare sei bravo quello che fai va sempre bene”.
I buoni risultati richiedono un feedback continuo e, se si pretende il massimo dai collaboratori, si deve per forza essere aggiornatissimi sui numeri e su quello che significano. I migliori motivatori fanno i compiti a casa e sanno sempre qual è la realtà dei fatti, e ne rendono sempre partecipi i loro collaboratori. Pensa di essere un allenatore di un grande campione di corsa. Quando fai fare un giro di campo al tuo campione lo misuri con il cronometro e cosa gli dici ? : “hai fatto 2 decimi in meno bravo” oppure in maniera superficiale “guagliò sei bravo non ti preoccupa’ “.
2. Essere di esempio
Sei stato in libreria negli ultimi dieci anni? Hai notato quanti sono i libri scritti dai cosiddetti “Veri guru”? Il guru del marketing, il guru dello sviluppo personale, il guru del web marketing, del neuromarketing, del self brand, della finanza e chi più ne ha più ne metta. Viviamo il periodo del GURU-ISMO . Sai perché?
In un momento di incertezza come quello in cui viviamo le persone sono alla continua ricerca di esempi da seguire, di qualcuno che ha già fatto quella cosa e l’ha fatta bene vincendo. Niente è più motivante che un esempio concreto di successo da seguire alla portata di mano. Se vedo che una persona più o meno simile a me ha avuto successo lavorando, mi convincerò che posso averlo anche io.
Quando sei in prima linea e risolvi i problemi da solo, stimoli gli altri a fare lo stesso; quando fai le cose che vorresti facessero loro, li ispiri. Cerca quindi di essere una fonte di ispirazione. I tuoi collaboratori preferiscono essere ispirati piuttosto che rimproverati o corretti, e lo preferiscono a qualsiasi altra cosa. Questo perché oggi tutti siamo alla ricerca di un orientamento personale. Tutti siamo alla ricerca di modelli da seguire. Che indirizzo diamo alla nostra vita? Questa è una delle grandi domande che ci poniamo tutti i giorni.
In termini di motivazione, essere di esempio ha un impatto maggiore e più duraturo rispetto a qualsiasi altra tecnica e cambia le persone in modo più profondo e più completo. Essere di esempio ha un potere enorme sugli altri in quanto stimola tutta una serie di meccanismi psicologici dell’apprendimento (di cui forse ti parlerò in un altro articolo) Quindi sii quello che vorresti vedere negli altri.
Se vuoi che i tuoi collaboratori siano più positivi, sii più positivo; se vuoi che siano più fieri di quello che fanno, sii più orgoglioso del tuo lavoro. Mostra loro come si fa. Vuoi che abbiano un bell’ aspetto e vestano in modo professionale? Fallo tu per primo. Vuoi che arrivino in orario? Arriva sempre in anticipo (e spiega il perché… Chiarisci che cosa significa la puntualità per te, non per loro).
3. Dire sempre la verità
I grandi leader hanno tutti la stessa abitudine: dicono la verità senza esitare, a differenza di altri manager. La verità del resto è difficile da nascondere. Chiunque ha studiato un po di comunicazione o un po’ di PNL da bene che le bugie non sfuggono ad un osservatore attento. Se nascondi qualcosa ai tuoi collaboratori prima o poi si accorgeranno che non sei sincero e penseranno al peggio. Se ne accorgeranno dall’espressione del tuo viso, da come cammini da come stai seduto sulla sedia e da tantissimi altri piccoli elementi di comunicazione non verbale. Meglio è comunicare sempre le informazioni anche quando sono negative. Poi semmai si cerca di enfatizzarne gli aspetti positivi.
I grandi venditori e tutti i leader che ottengono performance migliori dal proprio team e hanno il maggiore successo professionale, sono persone che danno molto. Si mantengono sempre in contatto con il loro potere di fare di più, offrendo ai loro committenti interni ed esterni diversi tipi di vantaggi (informazioni utili, offerte di servizi, rispetto per i loro tempi, supporto ai loro successi, conversazioni amichevoli, ringraziamenti sinceri, notizie in esclusiva), dando, dando, dando tutto il giorno, mettendo sempre i desideri e i bisogni del cliente al primo posto. Fanno sempre le domande più opportune e ascoltano sempre più attentamente di chiunque altro. Man mano che questo tipo di impegno aumenta e si allarga e, grazie a una comunicazione creativa e in continuo sviluppo, ogni cliente è fatto oggetto di questi privilegi, il venditore diventa un vero esperto di psicologia del cliente e del comportamento d’acquisto. E quel venditore comprende che un livello di abilità professionale così vertiginosamente alto può essere acquisito solamente attraverso una potente interazione basata sul vantaggio reciproco!
4. Non perdere di vista il risultato
Ricorda sempre che il tempo che dedichi ad aiutare un collaboratore produttivo aumenta la produzione del tuo team in misura maggiore rispetto al tempo che passi con un improduttivo.
I manager devono semplificare, semplificare, semplificare. Non devono fare quello che fanno di solito: complicare, occuparsi di più cose contemporaneamente e ancora complicare. Mantieni le cose più semplici possibile per gli improduttivi, concentrandoti soltanto sui risultati. Passa sempre più tempo con i produttivi, che sono alla ricerca di quel mordente in più che possono ricevere da te.
Gli improduttivi, invece, devono imparare un’ enorme lezione da te: ogni giorno possono rendersi conto che la loro produttività è la conseguenza diretta della loro volontà (o mancanza di volontà) di raggiungere un determinato risultato.
Concentrati sui risultati. Conquisterai sempre ciò per cui ti impegni intensamente. Se ti concentri soltanto sulle attività, ecco cosa otterrai: un mucchio di attività. Ma se ti focalizzi sui risultati, allora otterrai un mucchio di risultati.
5. Essere consapevoli della propria comunicazione
Comunica consapevolmente. Sii conscio dell’effetto delle tue parole.
Viviamo nell’era dell’informazione. I tuoi collaboratori usano la mente in modo creativo e produttivo tutto il giorno. E tutti usano la comunicazione per guadagnarsi da vivere.
Oggi, più che in passato, la comunicazione è la nostra linfa vitale, ed è la linfa vitale di ogni organizzazione. Tuttavia, diverse aziende affidano ancora gran parte della loro comunicazione al caso, al “buon senso”, o a vecchie tradizioni che non sono più adatte a mantenere un buon livello di informazione che coinvolga tutti quanti nelle strategie.
La comunicazione è la fonte della fiducia e del rispetto all’interno di ogni tipo di organizzazione, quindi si deve giocare a carte scoperte il più spesso possibile.
Quando accresciamo la nostra consapevolezza riguardo all’importanza della comunicazione, questa viene potenziata. Quando ci prendiamo la piena responsabilità del modo in cui comunichiamo, l’organizzazione viene potenziata.
6. L’importanza del linguaggio
Le parole significano cose; le parole che formano pensieri e creano cose. Le parole danno inizio alle cose: cambia un’unica parola in quello che stai dicendo e potrai terrorizzare un bambino. Una parola spaventosa può far piangere e tremare un bambino. Usane un’altra e il bambino tornerà felice. Le parole comunicano scenari, energia, emozioni, possibilità e paure.
Un debito a seguito di un investimento che non sta dando immediatamente i risultati sperati può essere comunicato in due modi : “siamo rovinati, siamo pieni di debiti, non c’è un soldo” oppure “stringiamo i denti per essere realmente tutti più forti e ottenere quello che ci eravamo prefissati”. La leadership si basa sulla volontà personale e interiore. È vivere una vita incentrata sulla chiarezza dello scopo. Il vittimismo non è basato sulla volontà, ma sul percepire se stessi come vittime delle circostanze e delle opinioni altrui. La vittima è sempre ossessionata da quello che pensano gli altri.
Essere ossessionati tutto il giorno dalle opinioni degli altri è il modo più veloce per perdere l’entusiasmo per la vita. È il modo più veloce per perdere quell’energia fonda¬mentale che ti permette di fare tutto ciò di cui vai orgoglioso. Avrai notato che i bambini non sembrano avere questa preoccupazione: per la maggior parte, quando stanno facendo qualcosa che li diverte molto, sembrano dimenticare che qualcuno li sta osservando e dimenticano persino tutto il mondo esterno. Sono completamente coinvolti. I grandi leader fanno la stessa cosa. Per approfondire il tema del legame tra Motivazione e comunicazione leggi anche questo articolo.
7. Occhi aperti e non smettere mai di imparare !
Il cambiamento spaventa tutti! La notizia del cambiamento spaventerà i tuoi collaboratori nella stressa misura in cui spaventa te. Quindi un altro modo per costruire la tua forza interiore come leader è aumentare la tua consapevolezza di cos’è la vita e di come funziona il mondo, e di come funziona l’ambiente del lavoro. Più ne sarai conscio, migliore sarai come leader.
Un tempo i leader erano diretti da altri leader, i manager: da altri manager, e non c’era molto spazio per muoversi in mezzo. Adesso, però, le cose sono così complesse e in continuo mutamento che è come sospendere ogni volta la partita al fischio di inizio invece di giocare regolarmente.
La vita è cambiata profondamente e continuerà a cambiare ancora più velocemente con il passare del tempo. Questa è una buona notizia per un leader che si impegna a esserne sempre più consapevole.
Per questo non interrompere la tua curva di apprendimento e dimostra ai tuoi collaboratori che continui a imparare. Non avere sempre quell’atteggiamento da “signor so tutto”. Fai vedere che in te ci sono “lavori in corso”: sarà più facile, per loro, sottoporti buone idee.
I manager, per la maggior parte, sono così insicuri nel loro ruolo, che cercano continuamente di far vedere che sanno tutto. Non partecipano mai ai seminari e disprezzano i libri di teoria del management, ma questo atteggiamento demoralizza i loro subordinati. Tutti possiamo imparare qualcosa di nuovo, ogni giorno, sulla nostra professione. Poco a poco possiamo incrementare le nostre conoscenze di base, aumentando la nostra competenza professionale e la nostra capacità di aiutare gli altri. La felicità è crescita, siamo felici quando cresciamo. E la gente felice motiva meglio di quella infelice.
Conclusioni
In questo articolo abbiamo affrontato e discusso la questione della motivazione del personale da un punto di vista diverso dal solito. Ci siamo posti la domanda “come superare la contrapposizione tra gli obiettivi del lavoratore e obiettivi dell’azienda. Molto spesso il management aziendale continua a dare risposte datate a problemi nuovi come quello dell’incertezza del mercato del lavoro.
I due elementi per generare opportuna motivazione nei propri collaboratori abbiamo visto essere la costruzione di uno spirito di squadra e l’attenzione alla crescita personale del lavoratore attraverso una comunicazione corretta da parte del management.
L’applicazione costante di queste 7 regole di motivazione dovrebbe aiutare il management a costruire nel tempo questo rapporto comunicativo migliore a generare motivazione e a sviluppare uno spirito di squadra più coeso.
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credo che mi manchi la scioltezza di parlarein pubblico ..
secondo me un requisito da aggiungere è la capacità di riflessione, per assimilare le cose imparate ma anche per giungere a delle conclusioni di fronte ad una situazione/problema e la capacità di evolvere, ovvero di non fossilizzarsi in un modo di pensare/agire magari per comodità/paura, quindi un po’ di spregiudicatezza nel senso buono e di apertura mentale, che ti fa vedere oltre.
Sicuramente ci sarebbe altro da dire, comunque io non mi ritengo una persona di successo pur rispecchiandomi praticamente in tutte le competenze descritte. forse bisogna anche volerlo..:)
cordialmente,
Patrizia
Ciao Luciano!
Io mi sono reso conto che ci sono tante di quelle cose da fare che uno non potrebbe più fare altro.
Come si fanno a sviluppare tutte le competenze che hai scritto negli 11 passi e svolgere anche la propria vita?Pensi che sia meglio fare le cose se uno ne ha il bisogno immediato?
Per imparare l’Inglese io non penso che adesso mi serva per forza,anche se sarebbe utile, visto che sto già facendo altre cose importanti.Le priorità sono poche e se si perde il filo non si conclude niente.
Grazie mille.
Buona notte!
Juri,
in questo mese ho letto tantissimo materiale sul personal branding e l’autovalorizzazione e quindi il mio commento si basa su quello che ho letto e cioè che queste competenze sono impossibili da sviluppare tutte insieme (anche perchè per molte di queste si ha bisogno di un periodo medio lungo, come ad esempio l’inglese).
Le competenze e le conoscenze vanno quindi acquisite una ad una in base agli obiettivi che ti prefiggi. Tutto è utile , ma non tutto è indispensabile (sia per la propria carriera , sia per la vita privata). Quindi va fatta una selezione per evitare sprechi di tempo e di energie.
Ad esempio se usi già l’inglese al lavoro non hai bisogno di studiarlo a meno che da tempo mediti di andare in Inghilterra a lavorare e la tua azienda ti richiede un certificato di lingua.
Come hai detto giustamente, “io non penso che adesso mi serva per forza,anche se sarebbe utile”, se l’inglese ti serve “per forza” allora investi tempo e denaro in un corso. Altrimenti nada 😉
Ti dedichi ad altro, a quel qualcosa che “serve per forza” per (come dice Luciano) “avere successo” (se vuoi avere successo in qualcosa 😉
Idee, commenti?
Sono d’accordo! Hai dei suggerimenti, tipo libri, videocorsi, siti e materiale vario affidabile e pratico per migliorare in queste 11 abilità?
D’accordo. Alla base di tutte queste competenze, però, deve esserci L’AUTO-OSSERVAZIONE. Solo la capacità di osservarsi permette di sviluppare o migliorare alcune capacità personali come quelle che hai indicato. Credo che tu lo abbia sottinteso, ma per molte persone è proprio la carenza di questa capacità a costituire il principale ostacolo per ogni forma di cambiamento.
grazie gentile prof Cassesse, sono molto affascinata da quante idee e consigli formativi si trovano nel sito. è veramente una miniera. alcune pagine le ho tampate e ne ho fatto oggetto di conversazione con alcune famiglie della mia associazione: http://www.labreccia.net
devo dirti che c’è un ascolto profondo e la convinzione che questi consigli sono saggi e bisonga applicarli per stare meglio e felici con gli altri.
grazie, ti leggo volentieri quando posso.
maria
Articolo molto interessante!
Io aggiungerei anche:
– il coraggio di pensare e agire in modo innovativo
– una grande fiducia nelle proprie potenzialita’
Saluti
Sante
Grazie di questo contributo Sante
Molto interessante l’articolo, ma, io direi che le prime sei competenze tengono di più della propria natura e delle doti di ogniuno di noi, mi permetterei di dire che sono poche le persone che possiedono tutte queste cappacità; come la gestione dello stress, anche questa direi che non è una competenza che s’impara tanto, è qualcosa di più. Dipende di quanto ti pesa o di quanto ti da fastidio una situazione, una persona, una frustrazione poi dipende del carattere, di sè stesso e alla fine se si impara a convivere con lo stress ancora meglio, non fai più caso è riesci più facile a gestirlo. Ma, per questo ci vuole un carattere forte fin dalla nascita.
In fine io aggiungerei un’altra competenza che mi piace e che penso sia importante, LA PERSEVERANZA,.che penso abbia la stessa radice come le altre in discussione. 🙂
Ciao Maicuta ,
Quelle elencate sono competenze ed è vero nessuno ce le ha tutte ! Ma sono pur sempre competenze quindi con impegno e psi possono acquisire.
Coleman pone l’accento proprio sull’opportunità di cercare le competenze che servono e apprenderle!
Scusatemi gli errori non sono di madrelingua italiana:)
Trovo giuste tutte queste indicazioni, assolutamente!!
Io aggiungerei piuttosto delle sottocategorie:
4- Per il social networking trovo fondamentale la capacità di ascoltare gli altri e di essere empatici. Perchè una comunicazione non diventi un monologo!
6- Pensiero critico e propositivo aggiungerei. Per non crearsi ostacoli da soli!
10- Gestione dello stress e autocontrollo.
E’ un piacere leggerti.
sono d’accordo; forse oggi decaloghi, skill list ecc. appartengono più al nostro passato, quando la realtà non stava crollando come fa ora… insomma, io le sto rivedendo. Aggiungerei infatti la RESILIENZA, come ho descritto qui: https://www.velediluce.com/scienze/cuore-scienza
Ho accettato un suggerimento e mi trovo su questo sito, Sono contento perché ho avuto conferma di un paio di percorsi di crescita che sto costruendo. mentre ho avuto da voi altri spunti per nuove riflessioni. Buon verbo, molto user friendly. Passerò parola grazie.
Articolo molto interessante, aggiungerei in effetti la capacità di guardare serenamente in se stessi per valutare le potenzialità e/o i difetti su cui lavorare. Spesso però mancano il coraggio e gli strumenti per fare questa analisi, primo passo per non restare bloccati in clichè creati in precedenza.
Grazie per gli spunti!!
Ciao Daniela Grazie per questo feedback .
Hai ragione quando dici che spesso manca il coraggio di fare una analisi serena. Penso che questo dipenda dal fatto che non è semplice mettersi in discussione. Tutti noi umani siamo OMEOSTATICI. Tendiamo a conservare una situazione di equilibrio anche quando non ci piace del tutto. Tuttavia oggi con i cambiamenti in atto nei mercati (penso non solo alla crisi ma a tutti i cambiamenti che stiamo vivendo) è indispensabile fare queste analisi .
Ciao e grazie
Sveglia!!!
…Per avere successo nella vita sono ben altre le cose fondamentali.
Innanzitutto bisogna nascere in una famiglia solida che abbia la funzione di supporto e lancio.
Il familismo è essenziale! Ma non basta!…questa famiglia deve avere agganci (neanchè troppo influenti) nei 3 rami sostanziali della società “civile” in cui viviamo: pubblica amministrazione, controllo politico (es. amministrazioni locali), preti! Questo insieme ti consentirà di avere successo nella vita, di ricoprire cariche importanti, di ottenere onorificenze e di essere ricordato fra i posteri.
Qualcuno dirà…”sei un retrogrado ignorante”….Beh! non fa nulla…d’altronde credere nelle favole è cosa dolce…ma chi pensa di arrivare ad avere successo con il proprio sudore, con la propria creatività…mi spiace dirgli che babbo natale non esiste!
Vivere una menzogna con sicurezza che venga compresa oppure rincorrere una verità incomprensibile?
…Dedicato a tutti i sognatori (non attrezzati)!
Ciao Pako
Certo se la pensi così … vuol dire che la vita per te è una condanna!
Io non sono nato in una delle famiglie che dici tu e quindi non diventerò mai nessuno ? non penso proprio !
Quello che dici forse può essere vero in parte in certi ambienti ma, non è dappertutto così ! spazi per emergere ce ne sono !
Vedi ci sono tanti esempi di persone che pur non partendo da condizioni di vita favorevoli hanno raggiunto ottimi traguardi nella vita !
Steve Jobs, Bill Gates, Phil Falcone, fondatore di Herbinger Capital , JON CORZINE GOLDMAN SACHS (figlio di Contadino ), Anthony Robbins, Papa Giovanni Paolo II, CHRIS GARDNER, IL PROTAGONISTA DI “ALLA RICERCA DELLA FELICITA’”, Giovanni Rana (il mister tortellini), Benigni, Diego Abatantuono, Maradona e tanti altri calciatori famosi, ROBY FACCHINETTI (pooh) ,Lorella cuccarini, Massimo ranieri, E tantissimi altri . Per non dimenticare il Grande Italo Cillo,
io ho avuto la fortuna di conoscere tantissimi di loro. Se ti giri attorno li vedrai anche tu!
Ciao.
Articolo stupendo,mi è da stimolo ad oggi per la mia situazione lavorativa.
Sono da 4 anni che lavoro per una multizionale che mi chiude tutte le porte per eseperienze lavorative interessanti,all’estero oppure per far carriera e maggiori guadagni.
Questo capita con tutti noi dipendenti che abbiamo una matricola,mentre con chi ha un Nome e Cognome…la strada è molto semplice.
Stufo di questa situazione,avendo pochi guadagni a livello di soldi ,di esperienza lavorativa,e di cv…stò pensando di dimettermi. Il punto è questo : lo faccio ora che non ho nulla tra le mani di nuovo oppure aspetto di trovare altro ed intanto continuo a vivere una situazione lavorativa che mi logora giorno dopo giorno?
Luciano,
è molto bello che tu metta a disposizione delle dispense gratis in merito al Public Speaking.
Tuttavia non concordo quando dici “Per ottenere risultati tu devi solo studiartelo”.
Ho frequentato il corso di Public Speaking all’università e mi permetto di dire che per ottenere risultati bisogna METTERE IN PRATICA ogni volta che abbiamo occasione di parlare davanti a un pubblico . Forse il concetto è sottinteso, ma come l’hai scritto dà l’idea che chi legge impara subito come comportarsi: in teoria sì, in pratica no.
In realtà l’ideale sarebbe un corso in aula con teoria e pratica, dove i partecipanti imparano la teoria, tornano a casa, provano i discorsi applicando le tecniche, tornano in aula per la performance e ogni volta si fanno valutare da un tutor il quale fa notare gli aspetti positivi ed eventuali errori. E così via fino a quando una persona diventa un minimo autosufficiente.
Cosa ne pensi? 🙂
Ciao Luciano.
Ho notato su me stesso che affidarsi al proprio Dio interiore fa accedere a delle risorse inaspettate.La focalizzazione e concentrazione ti aiuta molto anche nella vita.Se uno studia oltre il necessario si rischia di avere molti concetti mentali.Per me non fare niente di inutile e avere la mente libera ha aiutato ad avere chiarezza.Se vivi il presente in automatico stai facendo le scelte giuste.
Buon weekend a tutti.
Juri
anche se questo blog non tratta di spiritualità posso dirti una cosa che , affidandosi alla propria voce interiore non si sbaglia quasi mai … È il modo in cui il divino ci parla
Ciao
E’ proprio vero e molte cose le condivido.
Mi riconosco in tutte *O*