Uno dei temi più trattati dalla psicologia è la motivazione. Questo tema sta assumendo, oggi, un peso sempre più rilevante nella formazione e nella gestione delle risorse umane, e la sua importanza cresce sempre più in funzione dell’accelerarsi del processo di terziarizzazione dell’economia italiana.
Premetto che di solito evito di parlare di trucchi, segreti o regolette, quando si parla di tematiche legate alla personalità ma, in questa occasione mi sembrava utile stabilire dei punti chiave sui quali focalizzare la tua attenzione . Per questo ho deciso di pubblicare queste riflessioni sotto forma di sette regole.
In questo post il tema della motivazione non viene affrontato dal punto di vista del comportamento individuale cioè “cos’è che ci motiva al lavoro” ma dal punto di vista di chi deve gestire una squadra quindi “come fare a motivare la propria squadra di lavoro a dare il massimo?” in un periodo di incertezza come quello in cui oggi viviamo, e a superare la dicotomia tra obiettivi personali e obiettivi dell’azienda.
La Motivazione è la leva competitiva dei nostri giorni!
Su un mercato del lavoro, sempre più competitivo e flessibile, così come quello che si è strutturato in questi ultimi anni, la motivazione dei propri collaboratori è diventata una variabile strategica per l’impresa, in quanto può fare realmente la differenza fra raggiungere o mancare gli obiettivi di performance prestabiliti. Le persone oggi possono determinare il successo o l’insuccesso di ogni organizzazione e possono, inoltre, essere una notevole fonte di vantaggio competitivo.
In questo tempo alle aziende italiane viene chiesto molto di più che produrre semplici prodotti fisici standardizzati. Oggi si chiede di essere flessibili, offrire servizi, rispondere ai bisogni sempre nuovi della clientela, ridurre i costi, aumentare le opportunità, migliorare l’esperienza d’uso etc etc.
Di conseguenza anche al lavoratore oggi non è chiesto più soltanto di eseguire semplici e ripetitivi compiti manuali ma, di approcciare quello che fa con intelligenza creatività, dedizione,. e questo tipo di richieste vengono formulate a tutti i livelli. Non c’è quasi nessuna qualifica professionale che sia esonerata da questo generale aumento delle aspettative. In altre parole oggi, tutti i lavoratori devono fare molto di più, di quello che facevano un tempo ma, con minori risorse.
Il sogno di ogni imprenditore, e di ogni coordinatore di risorse umane, è quello di trovare collaboratori auto-motivati che lavorino coscienziosamente, con assiduità, che desiderano esprimere al meglio il proprio potenziale nel contesto organizzato al quale appartengono.
L’esperienza quotidiana tuttavia, ci fa notare che nella realtà esistono diverse tipologie di lavoratori. Ci sono degli individui che nello svolgere le proprie mansioni si applicano il minimo indispensabile, arrivano spesso tardi in ufficio, non rispettano le scadenze e riescono raramente a portare a termine i propri compiti e trovano sempre molte giustificazioni ai propri fallimenti. All’opposto ci sono poi persone che, in tutti i progetti si applichino e cercano di dare il massimo, lavorano tanto, spesso trattenendosi in ufficio oltre l’orario di lavoro e accolgono i nuovi incarichi con entusiasmo, sono ambiziosi, e mossi da una spinta a fare sempre meglio. Ci sono, infine, gli individui che mercanteggiano in continuazione, ad ogni nuovo incarico cercano di capire cosa possono guadagnare di più in termini di tempo e di danaro, che rimandano continuamente le scadenze perché cercano di accaparrarsi quanti più lavori possibili. La motivazione è quello che fa realmente la differenza tra tutti questi tipi di lavoratori.
Ma cos’è, esattamente, la motivazione?
Essa può essere definita come ciò che spiega l’inizio, la direzione, l’intensità e la persistenza di un comportamento diretto a uno scopo (De Beni e Moè, 2000). Il termine MOTIVAZIONE deriva letteralmente da Motivo-azione, cioè il “Motivo” che ci spinge a compiere una determinata “Azione”. In altre parole è l’insieme degli scopi che spingono una persona ad agire e a mettere in atto un comportamento in direzione degli obiettivi da raggiungere.
Per molto tempo si è creduto anche erroneamente che per ottenere il massimo da un collaboratore bastasse condizionare l’elargizione di premi o eventuali punizioni alla qualità dei risultati prodotti. E così per anni si sono organizzate le politiche motivazionali attraverso strumenti quali stipendio (Valore materiale) e Carriera (riconoscimento sociale all’interno dell’organizzazione ).
Effettivamente, l’abilità di riconoscere queste leve può consentire all’imprenditore accorto di attivare, talvolta, risorse insperate nel proprio collaboratore. Tuttavia, al giorno d’oggi sempre più spesso questo non è sufficiente ad assicurare l’assiduità e la continuità, negli anni, del livello di prestazione desiderato.
In primis la motivazione è un fattore essenzialmente soggettivo: ognuno di noi è motivato da fattori differenti. Essere motivati al lavoro significa svegliarsi felici per l’inizio di una nuova giornata lavorativa, non sentirsi stanchi ed essere sempre alla ricerca di nuovi traguardi.
Alcune persone sono più attratte dal denaro, altri dalla sensazione di essere considerati i migliori, di essere riconosciuti nel proprio ruoli altri ancora dalla sfida materiale con gli avversari, altri dall’opportunità di esprimere la propria creatività.
Inoltre non sempre gli obiettivi del lavoratore coincidono con gli obiettivi del gruppo. O meglio spesso il lavoratore percepisce una dicotomia una contrapposizione tra i propri obiettivi personale e gli obiettivi dell’azienda nel suo complesso. (Definizione di Motivazione secondo Wikipedia)
Il problema della motivazione è questione di obiettivi!
La questione che vorrei porre in questo articolo non è tanto quella di spiegare “cosa motiva le persone al lavoro” (di cui tra l’altro internet è piena di post con rispettive risposte) quanto piuttosto quella di offrire una piccola risposta alla domanda :
“come allineare gli obiettivi del lavoratore agli obiettivi dell’organizzazione?“
Spesso la mancanza di motivazione non è legata alle politiche degli incentivi (“faccio un lavoro che mi da lo stipendio migliore”) e nemmeno alle caratteristiche specifiche del ruolo professionale di un singolo lavoratore (“faccio un lavoro che mi piace con il quale esprimo me stesso”) quanto piuttosto ad alla percezione di una dicotomia, una contrapposizione tra gli obiettivi dell’azienda e gli obiettivi del lavoratore (“mi conviene legare il mio futuro professionale a questa squadra”).
Del resto viviamo un periodo di incertezza sul mercato, è facile che si manifesti nel lavoratore il dubbio sull’affidabilità nel medio e nel lungo termine dell’azienda con la quale collabora. Molti studiosi di organizzazione negli anni ottanta già avevano notato che i dipendenti delle aziende non competevano tra loro per lo stipendio migliore ma per il “Posto” cioè per il ruolo professionale nel quale erano coinvolti. Il “Posto” influiva nel medio termine sulle prospettive di carriera svolte anche in contesti professionali differenti. Quindi un lavoratore che diventava assistente al direttore del personale nell’azienda X.spa poteva ambire a diventare anche direttore del personale presso l’azienda Y.spa rivendendosi il “titolo del ruolo professionale” che aveva svolto. Quindi, negli anni ’70 e ’80 era diffusa la convinzione che lavorare in grandi strutture in ruoli particolari del management garantisse il successo professionale perpetuo.
Il “percorso di carriera” era lo strumento principale sul quale fare leva per stimolare la motivazione nel personale. Ma oggi quante sono le aziende che riescono ad operare nello stesso modo?
Ben poche direi! anzi nessuna. Non c’è nessuna azienda che garantisce un percorso lineare e progressivo di crescita. C’è da dire di più! Negli ultimi anni sono sempre di più quelle aziende che hanno dimostrato di non essere capaci nemmeno di garantire una continuità lavorativa. Non sono poche le aziende che con la crisi hanno espulso personale anche a livello manageriale. Nel 2009 si è stimato che oltre 10.000 quadri e dirigenti hanno perso il proprio posto di lavoro nella sola Lombardia.
La domande che oggi si pongono sempre più spesso i lavoratori sono e che influiscono sul livello di motivazione sono :
“mi conviene dedicare gran parte delle mie risorse per partecipare a questa squadra?” e ancora
“se faccio oggi un sacrificio e investo risorse emotive, psicologiche e formative in questa esperienza, in questo percorso professionale, questa azienda farà lo stesso con me nel momento del bisogno o non scapperanno tutti al richiamo del si salvi chi può?”
“mi conviene di più passare il mio tempo libero per perfezionarmi nel ruolo che mi viene proposto dall’azienda o investire il mio tempo per dedicarmi ad una seconda attività, o fare semmai un lavoro a nero o a vendere qualcosa su internet? In fondo io sono solo uno dei tanti dipendenti di una azienda che non è la mia”.
Questa è la dicotomia a cui faccio riferimento, una contrapposizione di obiettivi tra lavoratore e azienda. Mentre l’azienda cerca di produrre risultati un po’ per tutti i soggetti coinvolti e interessati il lavoratore pensa a salvare se stesso. Ripeto questa contrapposizione prima era risolta con una serie di strumenti (la carriera, i benefit, i posti e gli stipendi) che oggi sembrano essere inefficaci proprio a causa dell’incertezza del mercato. Molti manager, sbagliando rispondono a questa ansia proponendosi come immuni dal problema :“non ti preoccupare questo posto e sicuro siamo una grande azienda, noi facciamo 5.000 (10.000, 100.000 dipendenti)” ma, a mio personale giudizio queste sono risposte vecchie che hanno fatto il loro tempo.
E’ sotto gli occhi di tutti come grandi molte grandi aziende continuino a espellere personale. C’è bisogno di risposte nuove a domande nuove.
Per un manager, quindi, oggi diventa molto importante sviluppare la capacità di comunicare al collaboratore che si è tutti dalla stessa parte e che quella esperienza lavorativa sarà comunque funzionale alla crescita professionale e personale dell’individuo.
L’ansia del collaboratore nei confronti dell’incertezza nel futuro può essere curata soltanto comunicando due cose: spirito di squadra e crescita personale:
spirito di squadra: “è vero viviamo nell’incertezza ma in questa avventura non sei solo, siamo una squadra un gruppo che affronta insieme questo periodo minaccioso” e ancora
crescita personale: “comunque vada anche nel caso in cui non lavorerai più con noi, avrai comunque accumulato tanta esperienza e sarai notevolmente cresciuto professionalemente”
Per un manager, quindi, diventa molto importante conoscere alcuni aspetti del comportamento umano, e sviluppare una buona comunicazione in termini motivazionali. Ecco quindi una serie di sette regole /abilità che devono essere sviluppate da parte di un manager per motivare il proprio gruppo, e per far sentire partecipe il lavoratore della stessa avventura.
Le sette regole
1. Dare sempre un feedback
Il Feedback è il processo attraverso il quale si forniscono informazioni di ritorno derivanti dal un comportamento o una azione.
Gli esseri umani desiderano ardentemente avere un riscontro alle loro azioni. È una caratteristica innata nel genere umano. Ogni genitore lo sa se di prova a ignorare un bambino di tre anni questo cercherà di ottenere attenzione in molti modi differenti, ma se si continuerà a trascurarlo, presto si metterà a piangere o romperà qualcosa, perché qualsiasi tipo di feedback, anche quello negativo, è meglio dell’assenza totale di feedback. L’assenza totale di feedback porta all’apatia. Un bambino che quando piange non riceve alcuna risposta presto smetterà di piangere e lentamente si intristirà sempre di più perdendo la voglia di fare qualunque cosa, anche di giocare e anche di mangiare. È stato dimostrato che i bambini quando continuamente ignorati smettono di nutrirsi.
Alcuni pensano che questo principio si applichi soltanto ai bambini, ma in realtà vale ancor di più per gli adulti.
I tuoi collaboratori non sono diversi. Se tronchi il feedback, le loro menti ne elaboreranno uno personale, spesso basato sulle loro peggiori, ansie, paure e angoscie ; e così inizieranno a fantasticare “non mi ha detto nulla perchè ce l’ha con me” o peggio “non ci dice niente perché siamo in crisi già sta pensando a come mandarci a casa” .
Inoltre considera che gli esseri umani bramano un feedback reale basato su dati concreti, non semplici commenti condiscendenti e tranquillizzanti “non ti preoccupare sei bravo quello che fai va sempre bene”.
I buoni risultati richiedono un feedback continuo e, se si pretende il massimo dai collaboratori, si deve per forza essere aggiornatissimi sui numeri e su quello che significano. I migliori motivatori fanno i compiti a casa e sanno sempre qual è la realtà dei fatti, e ne rendono sempre partecipi i loro collaboratori. Pensa di essere un allenatore di un grande campione di corsa. Quando fai fare un giro di campo al tuo campione lo misuri con il cronometro e cosa gli dici ? : “hai fatto 2 decimi in meno bravo” oppure in maniera superficiale “guagliò sei bravo non ti preoccupa’ “.
2. Essere di esempio
Sei stato in libreria negli ultimi dieci anni? Hai notato quanti sono i libri scritti dai cosiddetti “Veri guru”? Il guru del marketing, il guru dello sviluppo personale, il guru del web marketing, del neuromarketing, del self brand, della finanza e chi più ne ha più ne metta. Viviamo il periodo del GURU-ISMO . Sai perché?
In un momento di incertezza come quello in cui viviamo le persone sono alla continua ricerca di esempi da seguire, di qualcuno che ha già fatto quella cosa e l’ha fatta bene vincendo. Niente è più motivante che un esempio concreto di successo da seguire alla portata di mano. Se vedo che una persona più o meno simile a me ha avuto successo lavorando, mi convincerò che posso averlo anche io.
Quando sei in prima linea e risolvi i problemi da solo, stimoli gli altri a fare lo stesso; quando fai le cose che vorresti facessero loro, li ispiri. Cerca quindi di essere una fonte di ispirazione. I tuoi collaboratori preferiscono essere ispirati piuttosto che rimproverati o corretti, e lo preferiscono a qualsiasi altra cosa. Questo perché oggi tutti siamo alla ricerca di un orientamento personale. Tutti siamo alla ricerca di modelli da seguire. Che indirizzo diamo alla nostra vita? Questa è una delle grandi domande che ci poniamo tutti i giorni.
In termini di motivazione, essere di esempio ha un impatto maggiore e più duraturo rispetto a qualsiasi altra tecnica e cambia le persone in modo più profondo e più completo. Essere di esempio ha un potere enorme sugli altri in quanto stimola tutta una serie di meccanismi psicologici dell’apprendimento (di cui forse ti parlerò in un altro articolo) Quindi sii quello che vorresti vedere negli altri.
Se vuoi che i tuoi collaboratori siano più positivi, sii più positivo; se vuoi che siano più fieri di quello che fanno, sii più orgoglioso del tuo lavoro. Mostra loro come si fa. Vuoi che abbiano un bell’ aspetto e vestano in modo professionale? Fallo tu per primo. Vuoi che arrivino in orario? Arriva sempre in anticipo (e spiega il perché… Chiarisci che cosa significa la puntualità per te, non per loro).
3. Dire sempre la verità
I grandi leader hanno tutti la stessa abitudine: dicono la verità senza esitare, a differenza di altri manager. La verità del resto è difficile da nascondere. Chiunque ha studiato un po di comunicazione o un po’ di PNL da bene che le bugie non sfuggono ad un osservatore attento. Se nascondi qualcosa ai tuoi collaboratori prima o poi si accorgeranno che non sei sincero e penseranno al peggio. Se ne accorgeranno dall’espressione del tuo viso, da come cammini da come stai seduto sulla sedia e da tantissimi altri piccoli elementi di comunicazione non verbale. Meglio è comunicare sempre le informazioni anche quando sono negative. Poi semmai si cerca di enfatizzarne gli aspetti positivi.
I grandi venditori e tutti i leader che ottengono performance migliori dal proprio team e hanno il maggiore successo professionale, sono persone che danno molto. Si mantengono sempre in contatto con il loro potere di fare di più, offrendo ai loro committenti interni ed esterni diversi tipi di vantaggi (informazioni utili, offerte di servizi, rispetto per i loro tempi, supporto ai loro successi, conversazioni amichevoli, ringraziamenti sinceri, notizie in esclusiva), dando, dando, dando tutto il giorno, mettendo sempre i desideri e i bisogni del cliente al primo posto. Fanno sempre le domande più opportune e ascoltano sempre più attentamente di chiunque altro. Man mano che questo tipo di impegno aumenta e si allarga e, grazie a una comunicazione creativa e in continuo sviluppo, ogni cliente è fatto oggetto di questi privilegi, il venditore diventa un vero esperto di psicologia del cliente e del comportamento d’acquisto. E quel venditore comprende che un livello di abilità professionale così vertiginosamente alto può essere acquisito solamente attraverso una potente interazione basata sul vantaggio reciproco!
4. Non perdere di vista il risultato
Ricorda sempre che il tempo che dedichi ad aiutare un collaboratore produttivo aumenta la produzione del tuo team in misura maggiore rispetto al tempo che passi con un improduttivo.
I manager devono semplificare, semplificare, semplificare. Non devono fare quello che fanno di solito: complicare, occuparsi di più cose contemporaneamente e ancora complicare. Mantieni le cose più semplici possibile per gli improduttivi, concentrandoti soltanto sui risultati. Passa sempre più tempo con i produttivi, che sono alla ricerca di quel mordente in più che possono ricevere da te.
Gli improduttivi, invece, devono imparare un’ enorme lezione da te: ogni giorno possono rendersi conto che la loro produttività è la conseguenza diretta della loro volontà (o mancanza di volontà) di raggiungere un determinato risultato.
Concentrati sui risultati. Conquisterai sempre ciò per cui ti impegni intensamente. Se ti concentri soltanto sulle attività, ecco cosa otterrai: un mucchio di attività. Ma se ti focalizzi sui risultati, allora otterrai un mucchio di risultati.
5. Essere consapevoli della propria comunicazione
Comunica consapevolmente. Sii conscio dell’effetto delle tue parole.
Viviamo nell’era dell’informazione. I tuoi collaboratori usano la mente in modo creativo e produttivo tutto il giorno. E tutti usano la comunicazione per guadagnarsi da vivere.
Oggi, più che in passato, la comunicazione è la nostra linfa vitale, ed è la linfa vitale di ogni organizzazione. Tuttavia, diverse aziende affidano ancora gran parte della loro comunicazione al caso, al “buon senso”, o a vecchie tradizioni che non sono più adatte a mantenere un buon livello di informazione che coinvolga tutti quanti nelle strategie.
La comunicazione è la fonte della fiducia e del rispetto all’interno di ogni tipo di organizzazione, quindi si deve giocare a carte scoperte il più spesso possibile.
Quando accresciamo la nostra consapevolezza riguardo all’importanza della comunicazione, questa viene potenziata. Quando ci prendiamo la piena responsabilità del modo in cui comunichiamo, l’organizzazione viene potenziata.
6. L’importanza del linguaggio
Le parole significano cose; le parole che formano pensieri e creano cose. Le parole danno inizio alle cose: cambia un’unica parola in quello che stai dicendo e potrai terrorizzare un bambino. Una parola spaventosa può far piangere e tremare un bambino. Usane un’altra e il bambino tornerà felice. Le parole comunicano scenari, energia, emozioni, possibilità e paure.
Un debito a seguito di un investimento che non sta dando immediatamente i risultati sperati può essere comunicato in due modi : “siamo rovinati, siamo pieni di debiti, non c’è un soldo” oppure “stringiamo i denti per essere realmente tutti più forti e ottenere quello che ci eravamo prefissati”. La leadership si basa sulla volontà personale e interiore. È vivere una vita incentrata sulla chiarezza dello scopo. Il vittimismo non è basato sulla volontà, ma sul percepire se stessi come vittime delle circostanze e delle opinioni altrui. La vittima è sempre ossessionata da quello che pensano gli altri.
Essere ossessionati tutto il giorno dalle opinioni degli altri è il modo più veloce per perdere l’entusiasmo per la vita. È il modo più veloce per perdere quell’energia fonda¬mentale che ti permette di fare tutto ciò di cui vai orgoglioso. Avrai notato che i bambini non sembrano avere questa preoccupazione: per la maggior parte, quando stanno facendo qualcosa che li diverte molto, sembrano dimenticare che qualcuno li sta osservando e dimenticano persino tutto il mondo esterno. Sono completamente coinvolti. I grandi leader fanno la stessa cosa. Per approfondire il tema del legame tra Motivazione e comunicazione leggi anche questo articolo.
7. Occhi aperti e non smettere mai di imparare !
Il cambiamento spaventa tutti! La notizia del cambiamento spaventerà i tuoi collaboratori nella stressa misura in cui spaventa te. Quindi un altro modo per costruire la tua forza interiore come leader è aumentare la tua consapevolezza di cos’è la vita e di come funziona il mondo, e di come funziona l’ambiente del lavoro. Più ne sarai conscio, migliore sarai come leader.
Un tempo i leader erano diretti da altri leader, i manager: da altri manager, e non c’era molto spazio per muoversi in mezzo. Adesso, però, le cose sono così complesse e in continuo mutamento che è come sospendere ogni volta la partita al fischio di inizio invece di giocare regolarmente.
La vita è cambiata profondamente e continuerà a cambiare ancora più velocemente con il passare del tempo. Questa è una buona notizia per un leader che si impegna a esserne sempre più consapevole.
Per questo non interrompere la tua curva di apprendimento e dimostra ai tuoi collaboratori che continui a imparare. Non avere sempre quell’atteggiamento da “signor so tutto”. Fai vedere che in te ci sono “lavori in corso”: sarà più facile, per loro, sottoporti buone idee.
I manager, per la maggior parte, sono così insicuri nel loro ruolo, che cercano continuamente di far vedere che sanno tutto. Non partecipano mai ai seminari e disprezzano i libri di teoria del management, ma questo atteggiamento demoralizza i loro subordinati. Tutti possiamo imparare qualcosa di nuovo, ogni giorno, sulla nostra professione. Poco a poco possiamo incrementare le nostre conoscenze di base, aumentando la nostra competenza professionale e la nostra capacità di aiutare gli altri. La felicità è crescita, siamo felici quando cresciamo. E la gente felice motiva meglio di quella infelice.
Conclusioni
In questo articolo abbiamo affrontato e discusso la questione della motivazione del personale da un punto di vista diverso dal solito. Ci siamo posti la domanda “come superare la contrapposizione tra gli obiettivi del lavoratore e obiettivi dell’azienda. Molto spesso il management aziendale continua a dare risposte datate a problemi nuovi come quello dell’incertezza del mercato del lavoro.
I due elementi per generare opportuna motivazione nei propri collaboratori abbiamo visto essere la costruzione di uno spirito di squadra e l’attenzione alla crescita personale del lavoratore attraverso una comunicazione corretta da parte del management.
L’applicazione costante di queste 7 regole di motivazione dovrebbe aiutare il management a costruire nel tempo questo rapporto comunicativo migliore a generare motivazione e a sviluppare uno spirito di squadra più coeso.
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Tengo a precisare che lauree per formatori esistevano, vedi all’Università degli Studi di Padova.
Nello specifico, presso la Facoltà di Scienze dell’Educazione e della Formazione esisteva una laurea triennale in Formatore nelle Organizzazioni.
Dott. M. Agostini
Ciao Marco
Innanzitutto grazie per il commento ….
Nel mio articolo ho scritto “non esiste un percorso universitario “organico” per acquisire le competenze utili a esercitare con “successo” la professione del formatore”. Laurearsi in formazione degli adulti non vuol dire maturare una professionalità.
Il FORMATORE diversamente dagli insegnanti lavora in un contesto di “Informale” o “Aziendale” per facilitare (aiutare) lo sviluppo di ABILITA’ (saper fare) e Attitudini (saper essere).
Va da se che il formatore deve essere titolare di un saper fare e questo si acquisisce con percorsi a carattere “Pratico” in un sistema di formazione “informale” per il quale l’università italiana non mi risulta sia già del tutto pronta
Ciao Luciano,
immagino non volessi spiegare a me chi è un formatore ma a chi ci legge.
Posso assicurare che un percorso universitario per laurearsi com’è stato in Formatore nelle Organizzazioni non è stata mera teoria, ma si fondava in quel Sapere – Saper Fare – Saper Essere di cui hai citato parte.
Capisco comunque in generale sul tuo attacco all’Università italiana, visto che senza altri formatori in campo lavori (e probabilmente lavoro anche io) di più. Tranquilli formatori, quel corso è stato cancellato prima del 2010.
Poi, se parliamo di saper fare come anni d’attività questa è una puntualizzazione vuota. Non parliamo di età anagrafiche, per rispetto di tutti.
Ciao Marco
Mi fa piacere sentire che anche il mondo universitario cominci ad allinearsi sul saper fare. Quindi posso solo ringraziarti per questa testimonianza.
Una sola precisazione il mio “attacco” (come lo hai definito) all’Università non proviene dalla paura della concorrenza. La formazione oggi come non mai vive un periodo particolarmente florido per chi ha idee da proporre al mercato e c’è spazio per tantissime persone molto più spazio di quello che l’offerta riesce a riempire.
La mia è una questione di Metodo. Quando le competenze e il sapere viene codificato e divulgato perde parte del valore a causa dei tempi indotti dal processo di codifica adottato dagli enti istituzionali. Ma è una idea di cui parlerò in qualche altro articolo.
Scusa Luciano, ce ne è almeno un’altra: O.P.P.I. (Organizzazione per la Preparazione Professionale degli Insegnanti) che lo scorso anno ha fondato OPPIForma per istituire i registri professionali ex lege 4/2013. Con la formazione prevista.
Ciao Glauco ,
Innanzitutto grazie per i commento e per la risorsa segnalata!
Il tuo commento mi offre lo spunto per un articolo che pubblicherò la settimana prossima.
Nell’articolo faccio riferimento alla professione di “Formatore” e non quella di insegnante. Anche se apparentemente simili le due professioni sono notevolmente differenti.
Se si fa riferimento al modello delle competenze adottato dall’Isfol (Istituto per lo Sviluppo della Formazione Professionale dei Lavoratori – ente tecnico del ministero del lavoro) una competenza è formata da almeno tre elementi : Una unità di Conoscenza (cioè un sapere), Una unità di Abilità (saper fare), e una attitudine / competenze personali (saper essere).
L’INSEGNANTE lavora in un contesto di “Educazione Formale” e lavora per “TRASFERIRE CONOSCENZE cioè “informazioni” (quando parlo di educazione formale intendo scuola e università – l’aggettivo formale fa riferimento al fatto che il percorso è formalizzato).
Il FORMATORE invece lavora in un contesto di “Informale” o “Aziendale” e lavora non per “trasferire conoscenze” ma per facilitare (aiutare) lo sviluppo di ABILITA’ (saper fare) e Attitudini (saper essere).
Mentre le conoscenze possono essere “trasferite” è sufficiente che l’insegnante ripeta più volte le informazioni per far si che gli allievi apprendano, le Abilità e le attitudini non possono essere trasferite e devono essere SVILUPPATE dall’allievo stesso . Quindi un formatore è un facilitatore e un motivatore rende semplice lo sviluppo delle competenze e motiva l’allievo a impegnarsi a migliorare le proprie performance.
D’accordo Luciano.
Dal tuo scritto è evidente un aspetto essenziale saper formare (insegnare in senso lato): ciò che l’Università tradizionale non propone ancora – a parte qualche eccezione e comunque non nei corsi formali.
Gli insegnanti-formatori, la forma evoluta dei maestri che io recluto in OPPIForma sanno:
– progettare un corso,
– proporre un contratto formativo con i corsisti,
– gestiscono i gruppi di lavoro all’interno dell’aula,
– valutano e fanno valutare ai corsisti i risultati di ciò che hanno appreso,
– riflettono,
– mediano i conflitti facilitando i confronti,
– orientano verso gli obiettivi dell’apprendimento.
Un caro saluto.
Glauco
Ciao,io sono già un formatore,ho seguito un corso in “Laboratorio Formazione” come formatore,oltre ad essere tutor regionale e provinciale per la L.I.M.(lavagna interattiva multimediale) nella scuola,seguo il percorso “Orientamento” nella mia scuola ed essendo RLS mi sono formata con un corso obbligatorio di 32 ore,per cui adesso potrei anche formare sulla sicurezza.
Quei corsi a cui fai cenno tu mi sembra che vendono un pò di fumo e non garantiscono certo una professione.
Saluti Rosa
Buon giorno,
sono un ragazzo che ha iniziato un percorso di formazione e che non si reputa un formatore e lo vorrebbe diventare.
Io credo che il fulcro dell’articolo è che la figura di Formatore in quanto Coach, Maestro, Ispiratore è la figura di cui si parla.
Ho parlato di Per-corso perché vivere e frequentare uno o più corsi non comporta l’essere coerente con gli insegnamenti ricevuti e ci vuole pratica e pratica prima di poter formare su un argomento.
Personaggi come Antony Robbins sono dei formatori a livello mondiale che contribuiscono alla felicità delle persone perché le rendono capaci di esserlo da sole e di renderne altre felici.
Questo va al di la delle conoscenze tecniche che un insegnante può acquisire facendo un corso di aggiornamento o dei corsi mirati, non perché non siano all’altezza solo perché sono cose diverse.
Io parlo di CREDENZE POTENZIANTI, CAMBIARE SIGNIFICATO AGLI EVENTI, VALORI, VISUALIZZAZIONE, MOTIVAZIONE.
Il formatore, per come è considerato in ambito di Crescita Personale, può essere tale se è coerente con questi e/o altri argomenti in ogni aspetto della sua vita.
Quindi la mia risposta è che stiamo parlando di due concetti diversi.
Buona luce
Ciao Antonio Grazie per il tuo contributo che arricchisce notevolmente la discussione!
Il concetto l’hai espresso molto chiaramente citando Robbins
Formare significa aiutare le persone a trovare dentro di se le risorse per sviluppare nuove competenze
Ciao Luciano.
mi fa’ piacere a vedere che ci sono comenti anche forti su questo tema. io volevo precisare che come dici te non si puo avere la posibilita di una laura per formatori, datto che come profesione e’ piu ampio di una semplice formazione su unita specifica.
ne sono completamente cosciente dato che facio il Formatore o anzi il capo Formatore per un grande call center al l’estero con tante campagne e anche formatori. il problema piu importante non e’trovare un laurea per formatori ma crescerli profesionalmete a formare li altri con tecniche adeguate su learning, persuasione, motivanti ecc ecc…
Ciao Luciano mi chiamo Michael sono un ragazzo di 23 anni, faccio mlm, ho seguito dei piccolo corsi di PNL, ma ho un sogno..diventare formatore, mi puoi aiutare?? Sono di Venezia, ho letto già una decina di libri, seguo formazioni, ho voglia e passione da vendere.. Ma mi rivolgo a te che sei in alto x imparare la strada… Grazie
Ciao Michael …. Che dire?
Se pensi di voler fare il formatore e lo chiedi a me non posso dirti che : “benvenuto nel lavoro più bello del mondo”
Innanzitutto ti faccio i complimenti perché la PNL è il posto migliore da cui partire per diventare formatore. E mi sembra che tu stia partendo proprio da li BRAVO!
Rispetto a quello che mi scrivi….
Come ho scritto anche nell’articolo Non ci sono albi per fare il formatore Ma solo esperienza solo campo
Come si diventa formatori allo stato attuale delle cose ? In parte Si improvvisa ! o meglio…..
La maggior parte dei formatori proviene dal mondo del lavoro.
I formatori tecnici sono Gente esperta in un qualche settore es. Informatica (esperti cisco, Microsoft) con certificazioni rilasciate direttamente dalle aziende di fornitura.
Poi ci sono tutti coloro che hanno scoperto il mondo della comunicazione e della PNL (Programmazione Neuro Linguistica) e ne hanno fatto una professione.
Altri sono Docenti che sono Passati alla formazione aziendale Es. Professori di diritto economia aziendale etc etc
C’è poi tutto il settore di esperti di vendita Che dopo anni nelle vendite passano alla formazione dei nuovi venditori
Infine ci sono gli psicologi .
Nella maggior parte dei casi si approda alla formazione dopo anni di esperienza in azienda in differenti ruoli. In azienda di solito funziona così : maturi un po di esperienza, dimostri di saper fare qualcosa e ti assegnano le nuove reclute. Se ti piace ne fai una professione!
Recentemente Molti si sono messi sul mercato a seguito della perdita del posto di lavoro (dopo anni di esperienza).
CONSIGLI
1. LANCIATI buttati sul mercato ….
2. Identifica un settore di attività nel quale specializzarti ! (PNL per la vendita, PNL per infermieri …. Comunicazione, MKT, vendite, Orientamento etc etc)
2. Comincia anche da ruoli molto bassi (tutor assistente d’aula)
3. Specializzati sempre di più con corsi di PNL e Comunicazione
4. Progetta un corso … Progetta un corso che sviluppi competenze specifiche (es. PNL per il WEB, PNL per vendita)
5. Prova a vendere questo corso ai privati (prendi una saletta e prova a iscrivere 10/15 partecipanti)
6. Prova a vendere alle aziende (contatta le aziende della zona e proponigli di comprare 1 giornata di corso da te)
Ciao e a presto
PS ISCRIVITI AL SITO
Ciao,
vorrei una precisazione, non sono giovne, anzi, da circa 30 anni mi occupo di volontariato con gli animali.
Ho seguito un master triennale di Performat Pisa per counselor pon specializzazione in pet – therapy e quindi specializzazione in psicosociale e attualmente sono iscritta all’albo dei counselor profesionisti dl CNCP.
Ho frequentato divers corsi sul comportamento animale di cui ho i relativi attestati.
Ho lasciato il lavoro perchè vorrei fare formazione sul comportamento animale in generale e sul rapporto uomo – animale.
Ho visitto siti e conosciuto persone molto meno qualificate di me che lavorano in questo campo e dicono di fare “alta formazione”.
A me non pace vendermi per quella che non sono e quindi vorrei sapere se anche io posso dire di essere idonea a fare “alta formazione” o come posso diventare idonea. Mille grazie per la risposta
Ciao Patrizia
Innanzitutto congratulazioni per le tue esperienze personali . E’ una bellissima cosa la per terapy!
Considerando che hai già una buona esperienza tecnica specifica per diventare fornatore ti può essere utile sviluppare competenze di Public speaking, andragogia (formazione degli adulti), Progettazione formativa, e soft skill in generale.
Ciao e a presto
Per quanto riguarda infine la tua perplessità sulla definizione “ALTA FORMAZIONE”..posso comprenderla e faccio una piccola precisazione .
Il termine Alta Fromazione indica il livello del titolo che si consegue nella classifica nazionale. Mi spiego …
In Italia esistono diversi titoli di studio suddivisi a seconda del ciclo d’istruzione a cui appartengono.
Quando si parla di alta formazione si fa riferimento ai corsi ai quali si accede solo se in possesse di laurea di secondo livello (laurea specialistica) o diploma di accademia di secondo livello…
In altre parole l’alta formazione sono i Master o i corsi di specializzazione
Volendo diventare formatore nel campo dei barman (sono barman e bartender da alcuni anni) e sviluppatore di bar, locali e similia quali percorsi è consigliato fare?
Grazie per la cortese risposta
Ciao Daniel,
Innanzitutto congratulazioni per l’interesse nella professione di formatore.
Come suggerito nell’articolo, avendo già sviluppato competenze tecniche sul “cosa insegnare”, ti potrebbe essere utili concentrare i tuoi sforzi sull’imparare le competenze sul “come insegnarlo”.
In questo link trovi informazioni su uno dei migiori corsi i assoluto di public speaking per formatori
https://www.maxformisano.it/formazioneformatori/pf/
a presto e Benvenuto in questa professione
Salve Luciano, la mia età è ultra quarantenne, sono stata insegnante negli ’80 per un anno, appena diplomata; poi la vita mi ha introdotta nel settore pubblicitario come ripiego.
Ho seguito corsi di PNL di 1° e 2° livello insieme a seminari su elementi di grfafologia ed enneatipi. Due anni fa ho organizzato un convegno e successivamente sono stata la relatrice per ben 4 volte.
Mi sono scoperta brava ad INFORMARE.. Difatti sto programmando un workshop sperimentale orientato alla creatività femmininile con l’aiuto del componente di una associazione di categoria.
Poichè mi piace molto anche MOTIVARE e ORIENTARE le persone è mia intenzione diventare a tutti gli effetti un Formatore ma non ho idea dove “formarmi” e conseguire il titolo (puglia). Inoltre non ho la più pallida idea di quanto costa e quanto dura il corso.
Mi daresti delle dritte? In quali settori posso propormi per continuare in questo senso? E quanto dovrei chiedere, (o come funziona) dato che ho sempre fatto tutto Gratis fino ad oggi?.. Grazie
Ciao Lena …
Non hai bisogno di conseguire “l’attestato” . Almeno per il momento la figura professionale del formatore e quella dell’Orientatore non sono riconosciute e la normativa in merito è molto carente. Se cerchi un attestato che supporti una tua candidatura per i corsi Regionali (puglia) puoi utilizzare già il tuo Master in PNL (da quello che mi scrivi mi sembra di aver capito che hai un master in PNL). Io, fossi in te, considerando l’andamento del mercato della formazione mi muoverei in altre direzioni. Investirei il mio tempo e il mio denaro per “Creare CORSI” e imparare a Venderli al Mercato!
Crea Persorsi tuoi ORIGINALI e proponili al pubblico!
Se ti può interessare … Sto organizzando un corso su come realizzare un “seminario vendita” si terrà a Gennaio a breve pubblicherò un po di informazioni su questo sito ! Il seminario vendita come penso tu sappia bene è la metorologia principale per vendere corsi di formazione.
Anche a me piacerebbe diventare un formatore.
Ho gestito un’attività commerciale per 20 anni e una società immobiliare per 10. Ho molte competenze pratiche nei due settori, ma trovo una certa difficoltà a trasformarle nella teoria da insegnare. Ma non credo sia impossibile, sto preparando quindi dei corsi da presentare alle agenzie di formazione della mia zona (provincia di Pistoia).
Avete qualche consiglio da darmi?
Grazie e complimenti per come trattate gli argomenti.
Fiorella Romani
Ciao Luciano,
mi piace molto quello che scrivi e come lo scrivi. Complimenti!
Avrei bisogno di capire meglio alcuni aspetti della professione formatore, che vorrei iniziare a fare.
Aver lavorato per molti anni in un settore specifico, avere quindi molte competenze in un settore professionale è sufficiente per diventare formatore?
In pratica sto chiedendo se conoscendo bene la pratica la si può trasformare in teoria.
Sto preparando dei corsi da presentare alle agenzie di formazione della mia zona….può essere questo un inizio per la professione? Oppure?
Sarei molto lieta di ricevere tue dritte.
Grazie e complimenti ancora.
Fiorella
Ciao!! Sn nel campo della vendita da tanto….ho partecipato a vari corsi….ma il mio sogno più grande è quelli d diventare formatrice ma nn so nemmeno da dove si parte……
Ciao Stella
Piacere di conoscerti e benvenuta nel club dei formatori!
Nonostante questa professione esista da oltre 30 anni in Italia , ancora oggi non esiste un percorso organico per acquisire le competenze utili a esercitare con SUCCESSO la professione del formatore. In questa pagina web troverai un articolo che ho scritto qualche tempo fa su come diventare FORMATORI
https://www.professioneformatore.it/come-si-diventa-formatore/
Ciao e a presto
ciao sono laureata in comunicazione ho un attestato di pnl basic durato un anno e lavoro in uno studio medico sia in italia che all estero da ormai 30 anni mi sento brava e capace soprattutto con pazienti clienti o con le persone in particolare penso oltre ai corsi sia un qualcosa di innato o ce l hai o no.
vorrei frequentare un corso per creare corsi a me interessa ambiente medico o infermieristico abito a como e quindi il posto più vicino è milano mi sai dire qualcosa? grazie clarice
Ciao Clarice
Prova qui
https://www.maxformisano.it/formazioneformatori/pf/
Salve, mi chiamo Maddalena, ho 32 anni e vi scrivo poichè sono interessata alla professione del “Formatore”. Complimenti a Luciano Cassese, grazie ai suoi saggi consigli, ho trovato risposta a molti miei quesiti. Brevemente, voglio indicarvi un percorso che sto cercando di intraprendere da sola, attraverso ricerche e grazie al mio lavoro. Ho conseguito la laurea triennale in Scienze Dei Beni Culturali, e la magistrale in Storia dell’Arte, ho una qualifica di Operatore Elaboratore ed altre certificazione informatiche!! lavoro da 4 anni ,presso un Ente di Formazione Professionale privato, mi occupo di tutoraggio, monitoraggio delle attività svolte in aula, della parte amministrativa e burocratica ( documentazione esami, avvii corsi, compilazioni registri, stipula contratti con i corsisti interessati ai nostri corsi, promozione del servizio). Ritengo esatto investire in qualità e promozione, solo in questo modo si potrà sviluppare quella rete fondamentale di contatti che consentiranno di farti lavorare sempre. Attenzione, non erogo personalmente la formazione, ma mi sento tassello fondamentale, che sicuramente contribuisce ad ottenere riscontri positivi in questo campo. Ho iniziato da poco ad interessarmi di PNL (Programmazione Neurolinguistica), attraverso il web, scarico materiale informativo, audiocorso, etc…. credo di essere sulla buona strada….Gentile dott.re Cassese, fatta tale premessa, volevo chiederLe, a questo punto è necessario iscrivermi presso un associazione AIF oppure ICF, per approfondire le mie conoscenze?? lei sicuramente saprà indicarmi l’iter più consono. In attesa di un vostro riscontro. Porgo cordiali saluti.
Ciao Maddalena
Innanzitutto Grazie per il commento e per il feedback in merito ai contenuti di questo blog!
Mi dici che vuoi diventare una formatrice ed è proprio per questo che non posso fare a meno di farti le congratulazioni per la scelta! Il formatore è il mestiere più bello del mondo.
Il suggerimento che posso darti, considerando che sei in una fase di startup è di lasciar perdere le associazioni per il momento. Io sono 15 anni che faccio questo lavoro e non mi ci sono mai iscritto.
Ti suggerisco invece di iscriverti quanto prima ad un corso per prendere la certificazione Master in PNL. E’ in assoluto la competenza più richiesta in ambito aziendale e ti consente di poter praticare tariffe interessanti per le tue prestazioni. La PNL è la competenza BASE di chi fa formazione!
E’ sempre valido il consiglio che ho dato nell’articolo : crea un prodotto, un pacchetto chiuso, un corso che ha un valore concreto e soffio a mercato. Appena avrai conseguito la certificazione crea un corso (non di PNL) in linea con le tue competenze (quello che ti pare: informatica, grafica, design, motivazione, vendita) e prova a venderlo a mercato.. Fermati solo quando avrai raccolto almeno 10 iscrizioni paganti. Anche se raccogli 1000 “NO”, fermati solo dopo che hai completato un’aula.
Salve Luciano, grazie per il consiglio. Mi son data da fare, ed ho ho conosciuto un consulente membro di CFI, grandioso!!! nn mi sono iscritta ancora a nessun master, mi ha dato la possibilità di organizzare in base alle mie competenze, un’aula come diceva Lei, ho raccolto 10 adesioni, x me è un piccolo traguardo raggiunto non conoscendo ancora questo fantastico mondo 😉 buona giornata 😉
Salve. Sono una docente di scuola primaria da 20 anni non laureata. Ho speso tempo e denaro personali per formarmi in un ambito a me caro e dove ritengo vi siano le mie risorse. Sono Practitioner di PNL (100 ore), formata alla mediazione e gestione dei conflitti (200 ore), formata all’applicazione dell’intelligenza emotiva in contesti socio-educativi (140 ore), formata in facilitazione gruppi auto mutuo aiuto. Ho inoltre esperienza nel campo della scrittura creativa. In una scuola dove ho insegnato ho progettato e condotto laboratori per bambini di educazione alle emozioni, laboratori di comunicazione efficace, incontri di formazione per genitori e insegnanti sul tema della gestione dei conflitti, ho svolto un incontri sul tema del conflitto per volontari di un’associazione, ho facilitato un gruppo di auto mutuo aiuto di famigliari di pazienti con disturbi psichici, ho condotto presentazioni sui temi di cui sopra presso erboristerie. Il tutto spesso gratuitamente. Ho sempre avuto ottimi riscontri, ma lavorare nel mondo della scuola come insegnante e formatore sembra impossibile. Sono ormai parecchi anni che non riesco a fare più nulla. Mi sono proposta altrove ma con scarsi risultati, ho utilizzato internet e ogni altra forma ma non sono riuscita a fare ciò che amo fare, cioè coinvolgere i partecipanti, valorizzare le risorse, condividere esperienze e competenze oltre che il proprio modo di essere. Mi scuso per la lunghezza, ma proprio non riesco a capire cosa io debba cambiare. Mi sento parecchio frustrata! Grazie
Sono un Restaurant e Bar Manager enogastronomico ed esercito la professione nel settore della ristorazione da circa 32 anni con relativi contratti aziendali del settore diplomato alberghiero e master dell’ospitalità manageriale UP LEVEL riconosciuto nell’ambito nazionale. Di cosa avrei bisogno per diventare formatore riconosciuto GRAZIE.
Buonasera Luciano, mi piacerebbe diventare un coach nel settore immobiliare. Ho 39 anni, laureato in scienze della comunicazione con tesi di laurea in gestione e formazione del personale. Ho un’ esperienza di oltre 10 anni nel campo come titolare d’agenzia. Mi piacerebbe fare delle aule in varie città italiane con corsi suddivisi per argomento, ruolo e obbiettivo dei partecipanti. Non saprei da dove iniziare. Grazie.
Buongiorno Luciano Cassese, sono Jelisse e da sempre ho il desiderio di diventare formatore motivazionale e coach life soprattutto nel neurolinguistico (pensiero positivo e legge di attrazione) sono da sempre predisposta al pensare positivo e dare dei buoni consigli ma quello che mi caratterizza e che mi fanno notare gli altri e la energia positiva che trasmetto…. non ho un percorso universitario ma sogno da sempre di vivere creando dei seminari motivazionali… come posso formarmi e da dove posso partire? Ho scritto un libro “forse c’è bisogno dei sogni ” e ogni tanto mi contattano ancora in varie organizzazione dove mi chiedono di presemtare alcuni temi del libro… ho vinto una bellissima targetta alla giornata mondiale della filosofia del 2016… mi piacerebbe continuare anche in questo campo di scrittura e presentazione… ho tante idee nella testa ma mi manca il modo giusto per trasmetterle nel migliore dei modi…Vorrei chiederti inoltre se c’è un percorso universitario che può dare un valore aggiuntivo al formatore motivazionale? Oppure se gia con qualche semplice corso posso buttarmi a lavorare… non mi reputo molto brava nel parlare in publico e penso anbia bisogno di organizzare per bene il modo giusto di comunicare.. hai qualche suggerimento da darmi?mi ritengo brava nel create campagna di marketing per attiare gente ai seminari ma devo imparare a saper cominicare al meglio e sopratutto saper arrivare al cuore delle persone… attendo tutti i tuoi ottimi suggerimenti… Grazie di cuore e buona giornata.
Comincia da un corso specifico per formatori tipo quello di Max Formisano e poi prova a organizzarne uno tuo
Salve! Vorrei sapere se per ‘vendere’ un corso ad aziende è necessario avere la partita Iva… Come è inquadrato a livello finanziario un formatore? Grazie e complimenti!