Il 4 febbraio ho partecipato ad un convegno sul Change Management e sul ruolo dei Talenti rispetto a quello dei Normali nelle fasi di cambiamento di un’azienda. E’ stata dapprima proposta una definizione di Change Management ed una definizione di Talento o persona talentuosa, successivamente sono state presentate esperienze che traevano spunto dal mondo reale, grazie agli interventi di responsabili HR di note aziende del paese.
Il focus era incentrato sul come impiegare o tenere “in casa” una persona di talento, posto che questa persona già possedesse i requisiti per essere considerata di talento; marginalmente e quasi in chiusura di lavori, si è affrontato un tema a mio avviso altrettanto importante: la responsabilità sociale dell’azienda, della famiglia e della scuola finalizzate a generare o a far emergere il talento nella persona.
A questo proposito, con l’intenzione di lanciare una provocazione che spero possa sfociare in un confronto, mi sono preso la briga di invitarvi alla lettura di un articolo tratto dal numero 204 di FOCUS ottobre 2009, intitolato “Le tre chiavi per il successo”.
Nel suo articolo l’autrice fa riferimento al successo raggiunto da grandi performer nel campo sportivo, artistico ed imprenditoriale, indicando che studi scientifici hanno identificato il successo come un mix di tre componenti fondamentali: impegno, appartenenza sociale e caso. In merito all’impegno, si deve conseguire una pratica di almeno 10.000 ore (che equivalgono a dieci anni di duro lavoro, con obiettivi sempre nuovi e sfidanti) per potersi considerare virtuoso in un campo della vita; la tensione verso l’eccellenza e la motivazione giocano qui un ruolo fondamentale.
La famiglia fornisce una cultura alla relazione con il mondo esterno e insegna al giovane a porsi con rispetto ma con determinazione nel sostenere le proprie tesi o nell’affermazione delle proprie idee.
Il caso è quella componente random che agevola chi sa approfittarne.
Ora, la mia provocazione è questa: possiamo traslare questi concetti al mondo dei lavoratori talentuosi?
Oggi una persona di talento in ambito lavorativo (in questa sede intendo un dipendente, quadro o dirigente, non l’imprenditore) potrebbe essere un brillante laureato, colui cioè che ha impiegato correttamente le diecimila ore di tempo (dalla scuola superiore sino all’università), ma il discorso può e, a mio avviso, deve essere esteso alla costruzione del talento sul campo, quindi dovremmo considerare che occorrono altre diecimila ore di pratica on the job…
Chi si assume la responsabilità sociale ed aziendale di far sviluppare con anni di pratica competenze e talento in capo alla persona?
Quanto può essere lungimirante un’azienda, in un’ottica di controllo dei costi, di puntare su un laureato e dedicargli il tempo necessario affinchè possa esprimere il suo talento nel lavoro/nell’azienda?
Chi si assume la responsabilità di investire questi sforzi in una persona piuttosto che in un’altra?
Ed ancora, un brillante laureato che ha conseguito il titolo nei giusti tempi può diventare un talento?
Può essere una persona capace di autogenerare motivazione per lunghi periodi, di tendere verso l’eccellenza?
Ricordo che uno dei tre fattori citati dall’autrice dell’articolo è l’impegno costante per anni e questo necessita senz’altro di un’elvata dose di automotivazione… Ed altresì, un giovane laureato non brillantissimo ma fortemente motivato sul lavoro, curioso, osservatore, ambizioso, può arrivare ad essere un elemento giudicato talentuoso e su cui puntare?
Quanto contano, quindi, le potenzialità insieme/in opposizione a dati oggettivi come, ad esempio, il voto di laurea?
Ed ancora, i responsabili delle risorse umane hanno sempre la possibilità di “annusare” un talento tra quest’ultima categoria di laureati?
Che cosa ne pensate?
Articolo di Riccardo Borgna
Riccardo Borgna
Associato AFP
Associazione Formatori Professionisti
https://it.linkedin.com/in/riccardoborgna
foto in alto: Looking Glass / Fernando de Sousa on flirk
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Ciao, studio web marketing per poter avviare un’attività sul web, presto aprirò un altro blog, ed è mia intenzione presentarlo a video, certo registrare un video non è come comunicare in pubblico, ma l’obiettivo che mi pongo è proprio questo, fare corsi di marketing in pubblico sia online che dal vivo e non ho nessuna esperienza a riguardo, quindi sono molto interessato a seguire i tuoi post.
Ciao Massimo
Benvenuto tra noi
Sera, dopo l’esperienza presso studi professionali, data la passione per il mondo della formazione, ho deciso di dedicarmi a tempo pieno alla professione di formatore che, almeno per quanto mi riguarda, riesce a trasmettermi un entusiasmo in continua crescita. Devo complimentarmi con Luciano per le osservazioni davvero realistiche che ho avuto modo di sperimentare “dal vivo” sulla mia pelle. Sto prendendo così coscienza degli errori più comuni che non si dovrebbero commettere. Io ad esempio mi colloco tra quelli propensi a riempire troppo una slide. Luciano ti ringrazio ancora e spero di poter contare ancora sul tuo supporto. Simone
Sono un formatore in ambito assicurativo ed ho sempre usato le slides, a meno che non contengano contenuti tecnici particolari, come sfondo e non come principio attivo. Uso spesso abbinare ad argomenti che ritengo basilari , degli esempi pratici divertenti che attirano l’attenzione sul punto che voglio evidenziare….filmati strani, foto strane, articoli di giornale ….e l’aula apprezza molto
Posso chiederti se sei parente del Prof Sabino Cassese?
La domanda è perchè è un amico di famiglia da lunghissimo tempo che dopo la morte di mio padre non ho avuto piu il paicere di vedere.
In ogni caso è sempre un piacere conoscerti il tuo blog è molto interessante
Paolo Orlando
Ciao Paolo
No mi spiace non sono parente del professore Sabino Cassese!
L’ho anche scritto in alcuni articoli ironizzando sull’omonimia 😉
Anche se ad essere sincero una volta ho approfittato dell’equivoco : 16 anni fa quando ero ancora all’università dovendo sostenere l’esame di diritto Amministrativo ho finto di essere parente del professore Cassese e mi è andata anche molto bene 😉 considerando la stima di cui gode il professore mi è bastato lasciare intendere che ero lontanamente parente per ottenere un buon voto!
Ottimi consigli. Grazie!